I problemi di Spotify con la disinformazione sul Covid vanno oltre Joe Rogan

L'attenzione riservata alla moderazione di Spotify quando si tratta di disinformazione sul Covid è ai massimi livelli

15/02/2022 di Ilaria Roncone

Esistono una serie di playlist su Spotify che promuovono musica che va contro vaccini e mascherine. Dopo la bufera attorno a Joe Rogan e al suo programma da milioni di ascoltatori su Spotify, la piattaforma deve fare i conti con il vaso di pandora scoperchiato e con i giornalisti che – minuziosamente – verificano la bontà dei contenuti promossi dalla piattaforma. L’ultima questione emersa? Quella evidenziata dal The Guardian, che ha avvertito Spotify che ci sono canzoni che promuovono «contenuti pericolosi, falsi o ingannevoli sul COVID-19».

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Disinformazione Covid su Spotify, la piattaforma agisce se attenzionata dai giornalisti

Il lavoro di indagine del Guardian si è concentrato sull’azione dell’algoritmo che genera playlist in base agli interessi di chi ascolta. Ci sono canzoni che «incoraggiano le persone a non farsi vaccinare e dicono che quelli che lo fanno sono ‘schiavi’, ‘pecore’ e vittime di Satana – si legge sul Guardian – e altri invitano a una rivolta, esortando gli ascoltatori a ‘combattere per la tua vita».

Chiunque cerchi canzoni di questo tipo si troverà poi una «playlist personalizzata che lo indirizza verso canzoni ancora più estreme». Su 50 canzoni all’interno della playlist, 19 comprendevano riferimenti espliciti alla disinformazione contro il vaccino e sul Covid compresa la fake news che vede il vaccino utilizzato per inserire microchip nell’organismo delle persone.

La cosa interessante, come nota The Verge, è che Spotify ha provveduto alla rimozione dei contenuti musicali una volta contattata dal The Guardian. Questo vuol dire che a moderare la musica – così come i contenuti veicolati attraverso i podcast – sono stati i giornalisti che stanno sul chi va là in questo periodo. L’azienda, dal canto suo, non fa nessuno sforzo per rendere maggiormente trasparente la sua policy di moderazione e sembra agire sulla base di ciò che segnalano i giornalisti. Una prassi che dovrà cambiare direzione in maniera decisa se Spotify punta a diventare, come è nelle sue ambizioni, il prossimo Youtube andando a reclutare decine di podcaster.

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