La pornografia dell’insulto su Silvia Romano che non risparmia il Parlamento
13/05/2020 di Gianmichele Laino
L’antropologo Geoffrey Gorer nel 1955 parlava di pornografia della morte. Un senso di pruderie che coinvolgeva alcune categorie di persone di fronte a quello che può essere considerato uno dei più grandi tabù della società occidentale. Un qualcosa di proibito, che allo stesso tempo si prestava al gioco della porta socchiusa, allo spiraglio dal quale guardare, con un misto di curiosità e vergogna. In Italia, questo stesso senso di pruderie, di effetto vedo-non-vedo, di ricerca spasmodica (da quando internet è entrato nelle nostre vite, la parola ‘ricerca’ ha acquisito un significato ben lontano da quello socratico) ha coinvolto il rientro nel nostro Paese di Silvia Romano. Attenzione: non il rapimento. Per 18 mesi, i media che hanno aggiornato periodicamente i propri lettori/spettatori sulle vicende della 24enne di Milano rapita in Kenya si contavano sulle dita di una mano. La sua liberazione ha scatenato una vera e propria pornografia su Silvia Romano, che ha avuto uno dei suoi massimi picchi ieri sera e un altro questa mattina, in un luogo insospettabile.
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Pornografia Silvia Romano: dai video fake di lei nuda, alle parole di un deputato in Parlamento
Ieri sera, si diceva. Il monitoraggio del traffico online non mente. E siamo rimasti sorpresi quando, nel pubblicare la notizia dell’ennesima fake news su un presunto video in cui Silvia Romano sarebbe andata in giro nuda per le strade di Bologna nel 2017, le ricerche di chi visitava il nostro sito partendo da Google si concentravano sulla stessa chiave. Silvia Romano nuda. Il che, se ci pensiamo bene, risulta essere al limite del patologico. Stiamo parlando di migliaia di persone che, nello stesso momento, correvano al pc o sui propri smartphone a digitare quelle tre parole. Sperando di trovare cosa?
Quando andiamo a fare il debunking di una notizia, ci preoccupiamo molto dell’effetto. Forse è questo uno dei grandi limiti di questo tipo di giornalismo. Pensiamo che il nostro compito possa essere assolto una volta dimostrato che quella notizia sia falsa senza ombra di dubbio. Invece, dovremmo preoccuparci della causa. Cioè, sul cosa spinge le persone a ricercare quella fake news, a digitarla su Google, a condividerla su Facebook. È pornografia, appunto. La stessa, identica dinamica. La voglia di sbirciare qualcosa di cui magari – come spesso accade per i set costruiti dei film a luci rosse – si accetta già in partenza l’artificialità.
E a contribuire alla causa di questa pruderie ci pensa anche il dibattito pubblico. E veniamo al secondo picco. In uno dei posti che dovrebbe essere l’emblema della nostra democrazia, uno dei valori più sacri che l’umanità possa vantare, c’è stata la diffusione di una fake news che andrà ad alimentare altra pornografia su Silvia Romano. Un altrimenti poco conosciuto deputato della Lega, Alessandro Pagano, ha affermato da uno dei palcoscenici che in Italia conserva ancora maggiore visibilità – lo scranno della Camera dei deputati – che la ragazza di 24 anni partita per fare volontariato sia una neo-terrorista. Parole di una gravità incredibile eppure buttate lì a cuor leggero, senza fare i conti con la responsabilità di chi le pronuncia. In quest’Italia di vouyeur è materiale incendiario.