Ha ancora senso investire su Facebook per le inserzioni politiche?
Una riflessione, alla luce dell'esito delle elezioni Europee, sul reale apporto dei social alle dinamiche di partiti e candidati
10/06/2024 di Enzo Boldi
Il nostro percorso di analisi pre e post elezioni Europee 2024 si conclude oggi, con il più classico dei tirare le fila su un tema importantissimo a livello strategico e comunicativo per quel che riguarda la politica. Ha ancora senso, per partiti e leader, investire nei contenuti sponsorizzati a pagamento su Facebook? I nostri approfondimenti, basati sui dati raccolti da Elikona Analytics (che ha come fonte primaria le API della libreria inserzioni di Meta), hanno fornito delle risposte piuttosto evidenti alla luce dei risultati (italiani) delle Europee 2024.
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L’analisi dei post sponsorizzati è partita lo scorso 7 maggio ed è durata un mese. L’ultimo mese di campagna elettorale, quello in cui entrano nel vivo le inserzioni politiche su Facebook. Ci sono stati dei momenti di stallo, con molti partiti e leader che erano rimasti a guardare, prima dell’ultima settimana in cui la spesa media di ogni singolo attore protagonista è aumentata a dismisura. Investimenti che, però, non sempre hanno restituito l’effetto atteso.
Risultati Europee 2024, ha ancora senso investire su Facebook?
Abbiamo raccontato di come Italia Viva – all’interno della coalizione denominata Stati Uniti D’Europa – abbia investito (anche e soprattutto sulla pagina di Matteo Renzi) moltissimi soldi. A conti fatti, quanto speso non è stato restituito dalle urne. Circa 100mila euro spesi per 448 inserzioni: una reach europea di gran lunga inferiore rispetto alle stima dell’audience totale. Dunque, un investimento a perdere che si è tradotto anche con un pessimo risultato elettorale.
Sempre su questa sponda troviamo Alternativa Popolare di Stefano Bandecchi. Secondo Meta, è questo il partito ad aver sfruttato meglio le potenzialità degli strumenti di inserzione su Facebook. Un quantitativo contenuto di euro (poco più di 11mila euro) per sole 27 inserzioni, ottenendo una reach europea importantissima e superiore alle aspettative. Poi, però, guardando i risultati del mondo reale, questo primo posto nel ranking è ancor meno di una magra consolazione.
Serve ancora?
Il resto è storia. Ha vinto chi, a prescindere dai social, ha un maggior appeal sull’elettorato italiano (o almeno quello che è andato a votare). Dopodiché c’è un partito che storicamente (ormai da anni) si assesta su percentuali che ballano cinque punti (in positivo o negativo) attorno al 20%. C’è chi ha sponsorizzato un solo candidato – tra l’altro indipendente – come Vannacci, consentendogli di sedere nel prossimo Parlamento Europeo, ma accompagnato da un risultato pessimo a livello di partito (la Lega). Ma su questi risultati non c’è stato un reale effetto-social. Meta ha promesso un’audience elevata per i post sponsorizzati, senza raggiungere (se non in sparuti casi) la soglia minima prevista. Un problema riscontrato praticamente in ogni forza politica che ha utilizzato questi strumenti.
Ha senso, dunque, non investire in post politici sponsorizzati? Vedendo il caso Pace Terra Dignità di Michele Santoro, la risposta potrebbe essere “sì”. Nessun euro per nessuna inserzioni su Facebook e quel 2,2% (che non permette di superare la soglia di sbarramento) in linea con i sondaggi dell’ultimo mese. Certo, ci sarà delusione per essere rimasti fuori, ma con un risultato simile (in alcuni casi superiore) a quello ottenuto da chi ha speso tanto su Facebook.