L’insoddisfazione dei Pirati per il DSA: «Risultato deludente»

Secondo l'eurodeputato e negoziatore Patrick Brayer, si è fatta sentire molto l'impronta lobbystica di Big Tech

23/04/2022 di Redazione

A fronte di una comune soddisfazione per l’approvazione dell’accordo sul DSA (che, in ogni caso, dovrà ancora vivere dei passaggi istituzionali nel suo iter che lo renderà esecutivo a livello comunitario), c’è comunque una voce dissonante, che non si è detta completamente soddisfatta per la convergenza ottenuta nelle 16 ore di confronto in seno alle istituzioni dell’Unione Europea sul Digital Services Act. Il partito dei Pirati, infatti, ha dichiarato che il risultato è stato al di sotto delle aspettative e che questo documento legislativo non può essere definito – come invece altre parti in causa hanno sottolineato – una sorta di Costituzione digitale europea. Le parole di Patrick Breyer – seduto ieri al tavolo dei negoziatori – sembrano molto esplicative a riguardo.

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Pirati sul DSA, l’insoddisfazione del movimento

«Siamo stati in grado – dice – di prevenire gli obblighi di rimozione per i motori di ricerca. Potremmo anche impedire la raccolta indiscriminata dei numeri di cellulare di tutti coloro che li utilizzano per l’accesso a piattaforme per adulti. I minori saranno protetti dalla pubblicità di sorveglianza sulle piattaforme online. Tuttavia, il divieto di utilizzare tratti sensibili della propria personalità per la targettizzazione pubblicitaria è stato di molto attenuato».

Secondo il movimento dei Pirati, non c’è ancora la possibilità di tutelare la privacy dell’utente dei servizi internet attraverso un accesso in forma anonima o coperto dalla crittografia, il divieto di conservazione dei dati o il diritto di rinunciare completamente alla pubblicità attraverso il tracciamento dell’utente che parta dall’utilizzo del browser. Sono punti fermi del programma di questo partito politico, per i quali i Pirati speravano di trovare corrispondenze anche del DSA. Inoltre, viene espressa preoccupazione relativamente alla richiesta – prevista dal Digital Services Act – alle piattaforme di rimuovere contenuti ritenuti illegali, temendo, in questo caso, di incorrere in provvedimenti di censura.

Altro tema sollevato dai Pirati è che il DSA sarebbe stato poco severo con le piattaforme di Big tech in virtù della grande operazione lobbystica portata avanti da aziende come Google e come Meta. Secondo un report esposto da TechCrunch, le spese per operazioni di lobby presso le istituzioni europee delle grandi piattaforme si sarebbero intensificate proprio in corrispondenza degli accordi in vista dell’approvazione di DSA e di Digital Markets Act, il provvedimento gemello.

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