Parlamento e Consiglio hanno trovato un accordo sul Digital Markets Act

L'insieme di norme - la cui entrata in vigore è prevista all'inizio del 2023 - punta a costituire un mercato europeo più competitivo e meno appoggiato su Big Tech

25/03/2022 di Gianmichele Laino

Non è un caso se, a livello globale, l’Unione Europea è considerata l’istituzione il cui legislatore ha messo in atto delle norme particolarmente stringenti per Big Tech. Bruxelles lo ha confermato anche oggi, dopo una lunga notte di trattative: il Parlamento europeo e il Consiglio hanno infatti trovato un accordo su quello che sarà il testo base del Digital Markets Act che, insieme al Digital Services Act, è destinato a cambiare la geografia economica nei rapporti tra le grandi aziende come Google, Meta, Amazon, ma anche Apple (per non dimenticare le altre multinazionali della tecnologia che operano anche al livello di cloud computing), la concorrenza e le istituzioni che vigilano sul mercato. L’approccio scelto dall’Unione Europea è quello di intervenire a monte dei vari problemi legati a concorrenza, acquisizioni, utilizzo dei dati personali dei cittadini degli Stati membri, piuttosto che effettuare una azione di controllo ex post, che si rivela spesso frammentaria, troppo granulare e, a volte, persino poco chiara nel fare giurisprudenza. Non è un caso che l’accordo sul Digital Markets Act sia stato salutato con grande entusiasmo dal suo relatore, l’eurodeputato tedesco Andreas Schwab.

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Digital Markets Act, trovato l’accordo tra Europarlamento e Consiglio

«Sono passati 7 anni – ha detto Schwab -, ma ci siamo: inizierà una nuova era nella regolamentazione delle aziende del tech in Europa». Il Digital Markets Act consta, sostanzialmente, di 20 punti. All’interno di questi passaggi, il legislatore ha provato a definire il ruolo di gatekeeperovvero di quelle piattaforme che, per portata, fatturato, diffusione in vari Paesi superino una certa soglia economica e di utenza, oltre a rappresentare un servizio che, per la sua stessa natura, assume tratti quasi monopolistici o, comunque, anticoncorrenziali.

Di fatto, all’interno del Digital Markets Act saranno prese in considerazione le capacità, da parte delle piattaforme, di utilizzare i dati degli utenti che fruiscono, di volta in volta, dei loro servizi (questi ultimi dovranno assolutamente essere utilizzati solo previo consenso degli interessati); ma anche le acquisizioni di aziende più piccole che offrono servizi multipiattaforma e che i giganti di Big Tech tentano di accaparrarsi per aumentare la loro forza e la loro esclusività; inoltre, si cercherà di limitare il più possibile l’effetto di lock-in dalle aziende, permettendo la possibilità per l’utente di non avere servizi preimpostati o esclusivi sui propri dispositivi (si pensi all’Apple store per tutti i devices dell’azienda di Cupertino o ai vari motori di ricerca impostati di default sui vari dispositivi).

Il tentativo è quello di sbloccare il mercato e di vigilare su possibili violazioni dello stesso: il Digital Markets Act sarà applicabile per quelle aziende con un fatturato annuo di minimo 8 miliardi di euro, che abbiano una capitalizzazione di mercato di 80 miliardi di euro e che abbiano almeno 45 milioni di utenti complessivi nello spazio economico europeo. In caso di violazioni del Digital Markets Act sarebbero previste sanzioni che vanno dal 4 al 20% del fatturato delle varie imprese. Il parlamento europeo aveva approvato, a fine dicembre 2021, il testo che è stato poi oggetto dell’accordo della nottata con il Consiglio. L’iter adesso andrà avanti: la previsione è che il DMA possa entrare in vigore all’inizio del 2023.

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