Cosa prevede il piano Santanché per il turismo nei prossimi quattro anni?

Il ddl affitti brevi - come è stato soprannominato - è solo un tassello di un piano più ampio che Santanché ha definito per il comparto del turismo

31/05/2023 di Redazione Giornalettismo

Il disegno di legge che la Ministra del Turismo Daniela Santanché ha condiviso – che per ora è una bozza – ha provocato moltissime reazioni da parte degli addetti ai lavori. Reazioni e affermazioni che è bene mettere in fila, come stiamo facendo nel monografico di oggi, per comprendere quello che sta accadendo e in quale direzione stiamo andando quando si parla soprattutto di affitti brevi di privati tramite piattaforme come Airbnb e Booking (trattati nell’articolo 4, Limitazioni delle locazioni per finalità turistiche) in contrapposizione a ciò che viene fatto dagli alberghi. Cosa prevede il ddl affitti brevi a cui l’attuale governo, quali potrebbero essere le conseguente del testo così come è ora (della parte trapelata, almeno)? E a cosa punta, più in generale, il piano Santanché per il comparto del turismo italiano?

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Ddl affitti brevi: cosa si sta pianificando?

Quello che emerge prepotentemente in queste giornate è che si tratta di un decreto che non sembra portare in campo soluzioni definitive. Fatta la legge, trovato l’inganno – come vi abbiamo già spiegato nel pezzo di apertura della giornata – ma cos’altro prevede questa bozza e – più in generale – quali sono le intenzioni del piano della ministra sul fronte turismo dopo la chiacchieratissima campagna Open To Meraviglia?

Lo scopo del decreto è il seguente: «Fornire una disciplina uniforme a livello nazionale volta a fronteggiare il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali e a salvaguardare la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento». Si tratta, in pratica e nell’intenzione, di uniformare le regole a livello nazionale e tirare la cinghia rispetto alle locazioni brevi.

Vediamo, nello specifico, cosa è previsto nella bozza al di là del minimum stay: si parla di un Codice Identificativo Nazionale (Cin) per ogni immobile a uso abitativo che si affitta per fini turistici con lo scopo di creare una banca dati nazionale. Nell’articolo 3 (denominato, appunto, Codice identificativo nazionale) si punta a sradicare la frammentazione a livello normativo (ora regionale e basato sui Cir, Codici Identificatici Regionali). Anche le Online Travel Agency saranno obbligate ad avere questo codice. Sono previste, nell’articolo 6, sanzioni per tutti coloro che disattendessero questo obbligo.

Il ddl, con l’articolo 5, va anche ad aprire al riconoscimento ufficiale della figura del property manager per la quale si richiede all’Istat l’apertura di un Codice Ateco specifico per questa categoria così che coloro che fanno questa professione debbano agire da sostituti di imposta andando a raccogliere e versando la cedolare secca per conto dei proprietari. La norma punta a permettere anche ai property manager di richiedere l’apertura della Scia a nome del proprietario (azione che, attualmente, nel Comune di Roma non è per esempio permessa).

Tutte queste misure si intendono da applicare alle città principali italiane ma anche, in via facoltativa, ai Comuni inseriti dall’Istat nella fascia di densità turistica alta e molto alta.

Il piano Santanché per il turismo

Cosa prevede il piano Santanché per il comparto del turismo? Giusto un paio di settimane fa Santanché ha espresso «grande soddisfazione» per aver ricevuto il via libera delle Commissioni attività produttive di Camera e Senato nell’ambito di quello che definisce «piano industriale quinquennale che ci consentirà di esprimere le migliori potenzialità del comparto».

Scendendo nel dettaglio, il piano si pone una serie di obiettivi che puntano a sfruttare (anche) il potenziale offerto dal digitale. Si punta ad accrescere la competitività del sistema turistico anche attraverso marketing efficace e innovativo; per la definizione del Piano delle politiche turistiche si punta su una governance efficiente e partecipata all’atto dell’elaborazione. I pilastri di questo piano 2023-2027 sono cinque.

Governance, ovvero uno sviluppo partecipato che crei un modello condiviso anche per quanto riguarda il monitoraggio delle Regioni; la digitalizzazione dei servizi interni e esterni deve essere la stella polare di un turismo sempre più digitale che sfrutta il potenziale tecnologico nell’offerta di servizi innovativi al turista; qualità e inclusione sono un pilastro che prende dentro moltissime questioni, dalla valorizzazione dei territori al miglioramento di mobilità e infrastrutture puntando – tra le altre cose – a creare un sistema di credito e finanziamenti per le imprese del comparto; si punta anche su formazione e carriere professionali turistiche affinché ci sia un rinnovamento del capitale umano impegnato nel settore contemporaneo a un aumento delle competenze con una Riforma dell’ordinamento professionale delle guide turistiche; la sostenibilità, infine, è l’ultimo pilastro che dovrebbe guidare le azioni del ministero in questi anni, puntando a promuovere e sensibilizzare le persone all’attenzione per l’ambiente, per la società e per l’economia.

(Immagine copertina: IPP/Felice De Martino)

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