Perché i giornali sportivi italiani non hanno dedicato tutta la prima pagina a Peng Shuai?

Le scelte de L'Equipe e di Marca sono in controtendenza rispetto ai quotidiani sportivi italiani, che invece hanno dato la notizia in taglio basso

20/11/2021 di Gianmichele Laino

Lo sport deve essere per forza qualcosa che vada al di là del singolo risultato di una partita o della descrizione di un turno di campionato. Lo sport deve essere una occasione per riflettere anche sul ruolo degli esseri umani nel mondo, sui loro diritti, sulle loro denunce. Ecco perché oggi si fatica a comprendere la decisione dei quotidiani sportivi italiani in merito alla vicenda di Peng Shuai, la tennista cinese scomparsa (oggi è stata pubblicata una sua foto in mezzo a una serie di pupazzetti di peluche, ma ci sono forti dubbi sulla sua attualità) in seguito alle denunce sul social Weibo (in un post che è stato rapidamente censurato) di una violenza sessuale subita e di una relazione extraconiugale con un ex vicepremier cinese, Zhang Ghaoli.

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Le prime pagine italiane su Peng Shuai

C’è un dibattito che si sta alimentando in queste ore su Twitter, dopo l’uscita in edicola dei quotidiani italiani oggi. Testate sportive internazionali come L’Equipe e come Marca (rispettivamente in Francia e in Spagna) hanno deciso di dedicare l’intera prima pagina di oggi alla vicenda della tennista cinese, rilanciando l’hashtag #WhereIsPengShuai che ha coinvolto diversi sportivi di tutto il mondo, che cercano di tenere alta l’attenzione sulla sparizione sospetta – dalla vita pubblica sicuramente – della loro collega dopo le denunce fatte via social network.

Una decisione che, invece, non trova corrispondenza in Italia, dove La Gazzetta dello Sport e il Corriere dello Sport – le due principali testate sportive del Paese – hanno relegato la notizia della tennista cinese in taglio basso, a pie’ di pagina, senza quel rilievo che una prima interamente dedicata a lei avrebbe sicuramente dato.

Sul tema si stanno esprimendo diversi cronisti sportivi italiani. Paolo Condò, ad esempio, ha affermato: «È un serpente che si morde la coda – ha scritto su Twitter -. Chi compra i giornali? Lo sportivo che vuol conoscere il mondo in cui vive o il tifoso interessato solo alla sua squadra? La tendenza dei giornali italiani (che fanno anche ricerche di mercato) è credere all’opzione B». Anche Riccardo Cucchi, storico radiocronista di RadioRai, è intervenuto sul tema: «Non ho una risposta. Personalmente preferisco la scelta di Marca e dell’ Equipe. Anche perché lo sport è veicolo di valori. Deve esserlo. E promuovere cultura dovrebbe essere affare anche dell’informazione sportiva».

Insomma, le opinioni sembrano abbastanza indirizzate verso le scelte fatte da Marca e da L’Equipe. Lo sport non è solo il tabellino dell’ultima giornata di campionato o il medagliere aggiornato di una competizione: è uno specchio attraverso cui esaminare la realtà. Che non si può relegare in fondo a una pagina.

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