Il clamore per un articolo del NY Times su Bergamo

C'è chi dice che la testata ha messo in crisi il "modello Italia", ma è la cronistoria dei fatti d Alzano e Nembro che noi conosciamo bene

30/11/2020 di Gianmichele Laino

Oggi, non è un articolo scritto su una testata italiana ad alimentare il dibattito pubblico nel nostro Paese. Oggi, a farla da padrone, è stato un reportage firmato da Jason Horowitz, inviato in Italia del NY Times, che ha illustrato i famosi dieci giorni di Bergamo, quelli che hanno preceduto immediatamente l’ufficializzazione della prima ondata di coronavirus in Italia. Il NY Times su Bergamo ha affrontato l’argomento, come sempre, con puntigliosità giornalistica, ha citato le proprie fonti, ha dichiarato di aver provato a interpellare anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, senza successo. Ha allegato al reportage – poi finito in prima pagina anche sul cartaceo – delle foto tragiche e meravigliose allo stesso tempo. Il vero valore aggiunto dell’articolo.

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NY Times su Bergamo, cosa c’è scritto nel lungo reportage

Purtroppo, però, il reportage sul coronavirus a Bergamo non ha previsto un’abitudine tutta italica di rapportarsi all’universo dei giornali. Fermarsi al titolo, leggere al massimo le prime righe, affidarsi al sentito dire di quell’amico (o di quell’influencer sui social network che – invece – lo ha letto davvero ma che non può certo pretendere di dettare una linea esclusiva con la propria opinione personale). Così, quasi sulla fiducia, si sta affermando che il NY Times abbia messo in crisi il tanto sbandierato “modello italiano” che ha permesso di piegare la curva dei contagi di coronavirus nella prima ondata, operando con anticipo rispetto agli altri Paesi europei. Magari, questa lettura è influenzata dall’attuale situazione epidemica in Italia, con il Paese in piena seconda ondata (con un tracciamento molto diverso dalla primavera scorsa e con lo sfondo di un grande compromesso: evitare il collasso di tutte le attività produttive mentre gran parte del Paese è in preda alle sofferenze). Ma l’articolo non fa nulla di tutto questo: si limita a esaminare quello che è stato fatto o non è stato fatto in un’area del Paese a febbraio, quando – in Europa – si credeva che il coronavirus potesse essere importato soltanto da Wuhan.

Al contrario, c’è anche chi – su questo pezzo – si gioca la carta delle “tifoserie”. «Ma come – si legge sui social -, parlano proprio loro che hanno avuto quasi 270mila decessi dall’inizio dell’epidemia?». Come se i giornalisti del NY Times fossero in qualche modo responsabili della pandemia negli USA o non l’avessero sufficientemente analizzata, contestata, minuziosamente smontata in tutte le sue parti.

NY Times su Bergamo, perché sappiamo già tutto

Questi due schieramenti fanno perdere di vista l’obiettivo principale: cosa c’è scritto di nuovo in questo pezzo del NY Times su Bergamo? La risposta potrà sorprendervi. Pressoché nulla che il pubblico italiano non sappia già. Bisogna contestualizzare: l’articolo del NY Times – un bellissimo articolo, completo, scritto bene, in cui Jason Horowitz, con il suo stile inconfondibile, alterna fatti a racconti personali e a testimonianze – è scritto per un pubblico statunitense. Che non ha minimamente idea, nella maggior parte dei casi, di cosa abbiano rappresentato Alzano e Nembro in Italia negli ultimi giorni di febbraio e nei primi di marzo.

Per questo l’articolo altro non può essere che un resoconto: il racconto dei medici dell’ospedale di Alzano lombardo, la cronologia – che su tutti i giornali italiani è stata elencata punto per punto – di quello che è successo intorno alla mancata zona rossa di inizio marzo, la questione tanto tormentata della mancata chiusura del pronto soccorso dell’ospedale, il fatto che l’area sia stata una delle più colpite dal coronavirus in Europa. Persino la mancata risposta di Giuseppe Conte sull’istituzione della zona rossa nei due centri della Bergamasca è un déjà-vu: sul caso, del resto, è in corso un’indagine per la quale il presidente del Consiglio, insieme ai ministri competenti, è stato già ascoltato come persona informata dei fatti. Su Alzano e Nembro, Giuseppe Conte ha dato molte più risposte – anche se non possono essere tutte considerate pienamente soddisfacenti – ai giornali italiani, paradossalmente.

L’articolo descrive, insomma, non rivela qualcosa che è nascosto. Francamente, tutto questo clamore – oggi – non sembra giustificato se non dal nostro provincialismo: alziamo il dito e pontifichiamo solo quando parlano di noi all’estero.

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