Netanyahu fallisce l’incarico di governo: Israele torna al voto

Israele sta vivendo una crisi politica che non ha precedenti nella sua storia. Dopo che le elezioni dello scorso 9 aprile avevano decretato un pareggio fra i due partiti maggiori, il Likud di Benjamin Netanyahu e il partito dell’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, Netanyahu, incaricato di formare in governo, non è riuscito a trovare una coalizione che avesse la maggioranza di almeno 61 seggi. Così il parlamento israeliano, la Knesset, ha votato per il suo scioglimento, proposta presentata dallo stesso Likud. La palla torna quindi agli elettori che, il prossimo 17 settembre, torneranno alle urne per decidere la formazione della nuova Knesset.

Perché i religiosi in Israele non partecipano alla leva militare

Le elezioni dello scorso 9 aprile, infatti, pur lasciando in parità lo scontro fra i partiti più grandi, avevano delineato un paese con una netta maggioranza a destra che però, a causa delle profonde divisioni fra partiti laici e religiosi, non è riuscita a trovare un accordo per formare, appunto, una maggioranza stabile. Il partito di Avidgor Lieberman, ultra-nazionalista ma laico, pretendeva infatti una legge che obbligasse alla leva militare (obbligatoria per tutti) anche gli israeliani ultra-ortodossi. Durante la formazione dello stato ebraico, infatti, il padre fondatore e primo premier, Ben Gurion, esentò i religiosi dalla leva militare nel tentativo di aumentare la percentuale di persone religiose che, ben lontane dagli ideali sionisti dei primi anni, non avevano ancora iniziato la salita verso Gerusalemme ed erano in notevole minoranza. Nei primi decenni del Novecento il nazionalismo israeliano, ancora agli albori, era infatti profondamente laico e i politici, per la maggior parte di stampo socialista, avevano ben pochi contatti con le gerarchie religiose della Galut, la diaspora, che iniziarono a emigrare verso Israele solo dopo la Shoah. Così, per tutelare quella che allora era una sparuta minoranza di studiosi della Torah e del Talmud sopravvissuti allo sterminio nazista, Ben Gurion con la legge del 1949 escluse dal servizio di leva i giovani studiosi delle scuole rabbiniche, le yeshiva.

Sulla leva obbligatoria la spaccatura dell’alleanza di governo

Oggi, a distanza di oltre 70 anni dalla nascita di Israele, la situazione è notevolmente cambiata e la percentuale di cittadini religiosi ultra-ortodossi è notevolmente aumentata, così come l’importanza politica all’interno della Knesset dei partiti religiosi che li rappresentano (terzo e quarto nelle ultime elezioni). In questa situazione il leader del partito ultra-nazionalista Israel Beitenu, Avidgor Lieberman, ha preteso che fosse fatto obbligo anche a loro di far parte dell’esercito. Un obbligo che non è certo stato digerito dai partiti religiosi che, in uno scontro senza esclusione di colpi, hanno fortemente impedito un accordo di governo qualora fosse prevista questa legge.

La scelta di Benjamin Netanyahu: sciogliere l’assemblea 

Netanyahu, in questa situazione, non è stato in grado di formare un governo nei sessanta giorni di tempo a sua disposizione, impossibile trovare, anche per un mago della politica come lui, qualsiasi compromesso, impossibile qualsiasi mediazione fra l’ultra destra laica e quella religiosa.

L’estate che attende Israele si preannuncia così decisamente calda. Nelle settimane che precederanno le elezioni la campagna elettorale dei maggiori partiti, infatti, non si concentrerà solo sulla natura (laica o religiosa) dello Stato ma anche sulle recenti vicende giudiziarie di Netanyahu, accusato dalla magistratura di corruzione in tre diversi casi. Così, nelle prossime settimane, Nethanyahu che si troverà ad affrontare la sua sesta elezione come premier e l’ultima non è certo stata la più fortunata nonostante il pareggio.

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