Lo sapevate che in Italia esiste il Museo del disco d’epoca?

Abbiamo intervistato Davide Parenti, direttore del museo che si trova all'interno di Palazzo Ripa-Marcosanti a Sogliano al Rubicone. Tra le collezioni di dischi in bachelite e vinili, con spazio anche per i compact disc

02/03/2023 di Enzo Boldi

Chi ama la musica deve necessariamente passare da Sogliano al Rubicone, in provincia di Forlì-Cesena. Poi deve arrivare al civico 19 di piazza Garibaldi ed entrare all’interno di Palazzo Ripa-Marcosanti per accedere in un micro-mondo fatto di dischi in bachelite, vinili, Compact Disk, incisioni a nastro, fonografi, grammofoni, jukebox e tutto quel che è servito per scrivere note e parole che hanno fatto la storia. Stiamo parlando del Museo del disco d’epoca, diretto da Davide Parenti.

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L’ingresso è gratuito e anche questo dovrebbe spingere tutti, non solo gli appassionati del mondo della musica, a entrare per vedere un’immensa collezione di strumenti e memorabilia raccolti nel corso degli anni e offerti alla visione del pubblico.

Perché per conoscere il presente, occorre avere contezza di come si sia arrivati a quei mezzi di fruizione personale e collettiva con cui ogni giorno abbiamo a che fare. E quel che è contenuto all’interno del Museo del disco d’epoca di Sogliano al Rubicone è il percorso giusto per fare un viaggio nel passato per arrivare al giorno d’oggi.

Museo del disco d’epoca, l’intervista a Davide Parenti

Nato nel 1994 in un piccolo garage in cui era raccolta tutta la collezione privata di Roberto Parenti, nel corso degli anni il progetto si è espanso, fino a diventare un vero e proprio museo nel 2012, ospitato all’interno delle stanze di Palazzo Ripa-Marcosanti.

Al momento, come si legge sul sito ufficiale, nella discoteca ci sono oltre 65mila pezzi (tra i primi cilindri a cera, vinili passando per i dischi in bachelite, fino ad arrivare alle incisioni magnetiche e i CD), decine di apparecchi meccanici ed elettronici, centinaia di oggetti legati alla musica e molto altro. «Il nostro oggetto di riferimento è il disco, sia vinile ma soprattutto quello in bachelite, il 78 giri – ha detto a Giornalettismo Davide Parenti, direttore del Museo del disco d’epoca -. Noi ovviamente raccogliamo tutte le testimonianze e le evoluzioni, ma ci concentriamo soprattutto sulle tecniche di ripresa sonora primitive. Anche il CD è diventato, necessariamente, un oggetto che fa parte di questa storia e, quindi, un oggetto che collezioniamo».

Una storia riconosciuta e che attira da anni l’attenzione delle persone. Il ritorno dell’amore per il vintage, infatti, coinvolge giovani e meno giovani: «È bello vedere che le generazioni che oggi hanno a disposizione una musica smaterializzata venire qui al Museo del disco d’epoca. Giovani che ormai hanno tutto digitale e in streaming. Vederli curiosi, appassionati e collezionisti di vinili provoca una sensazione appassionante».

Una passione soprattutto per il vinile. Infatti, nei tempi più recenti il mercato non solo dei vecchi dischi “da collezione”, ma anche quello dei giradischi continua a crescere: «Il ritorno del vinile è legato al fascino dell’oggetto e al ritorno degli anni in cui questo media è stato l’unico mezzo per trasferire musica. Quegli anni ’60 e ’70 in cui il prodotto musicale iniziava a essere anche commercialmente più fruibile. Ma occorre sottolineare un aspetto: il mercato del vinile dedicato agli audiofili, in realtà, non si è mai interrotto. Ha continuato a vivere e prosperare durante il boom dei CD, perché sono moltissimi a pensare che il suono del vinile sia di gran lunga superiore a quello del Compact Disc. Più il CD guadagnava spazio, più questo mercato di nicchia prosperava».

La musica di ieri, quella di oggi

Con Davide Parenti abbiamo anche approfondito il tema del raffronto storico sulla musica di ieri e quella di oggi. In particolare, la differenza tra come gli artisti siano cambiati nel tempo, mutando – cavalcando l’onda delle nuove tecnologie – quei princìpi che, un tempo, erano alla base del prodotto musicale: «Un tempo il singolo era una anticipazione dell’album, usciva per creare un po’ di aspettativa, di eccitazione. Adesso il concetto dell’album è venuto meno: senza giudicare la qualità dei prodotti moderni e neanche dei gusti di chi ne usufruisce, io penso che il mercato sia cambiato, così come il modo di fare musica. Le canzoni, per quanto ho potuto vedere, hanno una vita piuttosto breve, perché vengono quasi subito rimpiazzate o da prodotti analoghi di altri autori o anche gli stessi autori che producono un brano dopo l’altro si concentrano più su quel brano che su un lavoro articolato e coordinato, come può essere un album intero».

E l’esempio più calzante trova due anniversari in questi giorni: ieri, 1° marzo, è stato celebrato il 50° anno dalla pubblicazione di “The Dark Side of The Moon” dei Pink Floyd; oggi, 2 marzo, è il 40° anniversario del Big Bang del CD, quando la Cbs Records stampò 16 titoli e li immise sul mercato, dando vita alla rivoluzione della fruizione della musica su disco (questa volta compatto). E con le dinamiche e gli strumenti che cambiano, ecco che anche il modo di costruire un album musicale oggi sembra distante anni luce da quel che era un tempo: «Adesso un autore da solo riesce a occuparsi di tutte le fasi: dal momento creativo a quello della diffusione – ci ha spiegato Davide Parenti -. Se, invece, pensiamo a un album come “The dark side of the Moon” dei Pink Floyd – che proprio ieri ha festeggiato il suo 50° compleanno -, dietro al gruppo c’era una squadra enorme di grandissimi professionisti. Dagli ingegneri del suono ai tecnici di studio, passando per chi si è occupato della ripresa sonora, chi poi si è occupato del passaggio dalla master alla matrice, chi si è occupato delle stampe e di valutarne la qualità. Insomma, dietro c’era una vera industria composta da tantissimi soggetti per avere un prodotto ottimo, come il disco dei Pink Floyd. Perché per arrivare a questo livello tutti gli elementi della catena devono essere di notevole professionalità e spessore».

(foto di copertina e nel corpo dell’articolo gentilmente concesse dalla pagina Facebook del Museo del disco d’epoca)

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