Minori e videogame, dati vs luoghi comuni | NOVESEDICESIMI

L'approfondimento sul tema è stato curato, per Giornalettismo, dall'appassionato di gaming Ken Anzai

31/01/2022 di Redazione

Parlare di minori e videogames è stato uno dei tormentoni di questi due anni di pandemia. Lo stare in casa, il distanziamento sociale, il ridursi al minimo di altre attività offline ha permesso a molti ragazzi (ma – come vedremo – non solo a loro) di incrementare le ore trascorse davanti a una console o, in alternativa, di avvicinarsi al gaming per la prima volta nella loro vita. Si tratta di una pratica che ha avuto soltanto effetti negativi? In realtà, i luoghi comuni sul rapporto tra minori e videogame si sprecano e non sempre sono inquadrati in maniera corretta. Certo, è molto frequente parlare di sovraesposizione dei minori e degli effetti collaterali di quest’ultima sia sulla vista, sia sullo stato d’animo dei soggetti interessati. Ma un corretto utilizzo dei videogame – come vedremo – può avere anche degli aspetti positivi.

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Minori e videogames, una analisi senza pregiudizi

L’altro luogo comune che questo lavoro di approfondimento andrà a sfatare rappresenta l’audience di riferimento del gaming. Non si parla soltanto di minori o di giovani, ma anche di adulti. Del resto, questo elemento sembra essere imprescindibile in una società che ha trovato nella gamification dei servizi un nuovo spunto per attirare audience: sia in alcune iniziative editoriali, sia nei servizi di prenotazione di hotel e ristoranti, nelle app di delivery, in quelle che permettono di effettuare acquisti online, il fatto di avere a disposizione una sorta di schema di gioco per coinvolgere maggiormente gli utenti ha garantito un successo di questi servizi, un tempo forse impensabile.

E mentre dalla Cina arrivano nuove leggi per disciplinare l’utilizzo dei videogiochi da parte dei minori (riducendo atre ore a settimana, tutte nel week-end, le ore a disposizione dei ragazzi per utilizzare le piattaforme di gaming), l’Oms – che soltanto qualche anno fa aveva messo in guardia dagli effetti della sovraesposizione ai giochi online – ha indicato i videogame come una buona prassi collettiva. È il segnale che la sensibilità intorno a questo tema è ancora tutta da costruire. Nel corso della seconda puntata di Novesedicesimi, l’appassionato di gaming Ken Anzai – rappresentante della Gen Z – ha messo insieme alcuni dati da cui partire per cercare di affrontare il tema senza pregiudizi: l’analisi di psicologi, ricercatori e addetti ai lavori nel settore della VR (Virtual Reality) e della gamification dei servizi ha completato l’approfondimento.

Minori e videogames, quali sono gli effetti negativi e positivi?

La dottoressa Sara Peracchia, psicologa e divulgatrice grazie alle sue pagine social PsicoAdventure, ha evidenziato quelli che sono gli aspetti negativi e gli aspetti positivi nel rapporto tra minori e videogames. «Tutto quello che riguarda l’aggressività, la riduzione del rendimento scolastico, l’aggressività e la riduzione del sentimento di empatia: sono gli aspetti negativi del rapporto tra minori e videogame. Al contrario, ci sono degli aspetti positivi: un miglioramento dell’attenzione, della performance, la velocità con cui si compiono dei compiti, una maggiore capacità dell’orientamento spaziale e di tracking degli elementi presenti sul monitor». Tuttavia, la psicologa mette in evidenza anche un altro aspetto, non secondario all’interno di questa nostra analisi. La sovraesposizione ai videogame non sembra essere una questione che riguarda soltanto i minori o i giovani: «Non esistono delle sostanziali differenze, dipende dal tipo di aspetto cognitivo che si passa ad analizzare – continua Sara Peracchia -. Sicuramente, dal punto di vista emotivo ci sono delle differenze che riguardano l’impulsività, proprio perché nell’età adulta il livello di quest’ultimo dovrebbe essere più basso».

L’analisi del rapporto tra minori e videogame per altre fasce d’età è stato analizzato anche dal ricercatore dell’Università Cattolica di Milano, Luca Milani: «La stessa comunità scientifica sta predisponendo delle linee guida per stabilire le problematiche di dipendenza dalle nuove tecnologie, sia correlata all’uso della rete, sia non correlate all’uso della rete. Ma si tratta di conseguenza ad ampio spettro e non è detto che siano sempre evidenti in tutte le persone».

minori e videogames

Abbiamo fatto alcune analisi in merito a quello che succede negli Stati Uniti a proposito del rapporto tra minori e videogames. Su un’indagine condotta su 4000 utenti, solo il 20% rappresenta la percentuale dei minori; la fascia 18-34 anni, invece, è rappresentata dal 34% degli utenti.

minori e videogames

Per quanto riguarda il mercato italiano, invece, secondo l’Associazione Nazionale Di.Te., i ragazzi italiani che trascorrono più di tre ore al giorno davanti a uno schermo per utilizzare un videogame sono il 36%. Quelli che, invece, hanno un consumo smodato, che è compreso tra le 5 e le 8 ore al giorno o – addirittura – al di sopra delle otto ore al giorno, sono il 14% (il 7% tra le 5 e le 8 ore al giorno e il 7% per più di otto ore al giorno).

Gamification e immersività VR: in che direzione andiamo

Per proseguire nel nostro approfondimento abbiamo intervistato Daniele Bulgaro, VR Creative Director di Digital Mosaik – che si occupa anche di gamification dei servizi -. Ci siamo chiesti perché i servizi, negli ultimi anni, virano sempre più verso sistemi che – in qualche modo – riconducono al gioco: «Perché sappiamo che l’essere umano reagisce molto bene al gioco, alla possibilità che ci sia una ricompensa e all’arrivo a qualcosa di inaspettato che la persona stessa si è guadagnata». E la VR (Virtual Reality)? Si tende a pensare che i videogiochi siano per i bambini ma non è così.

Chi dispone di un VR, infatti, fa parte di tutt’altra categoria e precisamente – come ci ha spiegato Bulgaro – e «tendenzialmente ha un’età compresa tra i 26 e i 36 anni, quindi non vediamo ancora la saturazione che c’è nel gaming mobile, ad esempio, nella fascia di età adolescente e pre-adolescente». Ci siamo anche domandati se l’alienazione, utilizzando un visore, possa essere ancora maggiore rispetto alle consolle e Bulgaro ha specificato che non abbiamo ancora dati sufficienti: «Potenzialmente si perché non c’è ancora abbastanza ricerca per convalidare la cosa. Diciamo che se arriverà qualcuno a voler veramente sfruttare l’immersività della VR per sostituire un videogioco al mondo reale il potenziale per fare danno c’è».

 

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