Nel 2022 non potrà più esserci la comunicazione digitale che abbiamo visto fino a oggi

Brutte intenzioni e buoni propositi per dare un contributo al cambiamento dell'ecosistema

31/12/2021 di Gianmichele Laino

Da dov’è Bugo dov’è il Bug. È questa la domanda – o la variazione sulla domanda – con cui due anni di pandemia hanno rivoluzionato i media digitali. Dov’è Bugo è il simbolo migliore del giornalismo digitale di inizio 2020. Quello che doveva battere sul tempo il desk della redazione concorrente per poter cavalcare l’onda dell’amp di Google, comparire per primo nei risultati di ricerca, fare le big views e provocare espressioni compiaciute per l’ottimo risultato raggiunto. A un certo punto, però – e questo si è verificato nel corso del 2020 pandemico e del 2021 dei vaccini – ci si è accorti che questo tipo di metodo non poteva più essere sufficiente a soddisfare non tanto le richieste del lettore, quanto le esigenze pubbliche di informazione. Che sono due cose diverse. E allora ci si è chiesti: dov’è il Bug?

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Media digitali 2022, prospettive

Il bug è da ricercarsi in diverse pratiche desuete che non possono essere alla base del lavoro giornalistico di una testata digitale che voglia effettivamente distinguersi nel 2022. Il bug è nella corsa, nella vorace onnicomprensività delle testate (in una medesima pagina, si possono ritrovare le regole dell’autoisolamento per i vaccinati con dose booster e le immagini più belle da scambiarsi su WhatsApp a Capodanno), nell’ostinazione di voler adattarsi a uno strumento senza che lo strumento si adatti alla tua linea editoriale.

Piattaforme che cambiano

Nel 2021, per la prima volta, TikTok ha superato persino Google come piattaforma più cliccata. È il cambio di paradigma che non può essere ignorato e che, effettivamente, aveva dato i suoi segnali già da qualche tempo (con successiva accelerata nel periodo della pandemia). Contemporaneamente o quasi, apprendiamo che ci sono 4 milioni e mezzo di italiani che, per informarsi, si accontentano solo dei social network, senza visitare una testata quotidiana, un magazine di approfondimento, senza guardare per un attimo nemmeno un telegiornale.

Sono dati che devono suggerirci qualcosa, visto che – contestualmente -, con i metodi “tradizionali” del giornalismo digitale, in questi due anni abbiamo cercato di arginare un flusso continuo di disinformazione che proprio dai social network, nella maggior parte dei casi, arrivava. E intendiamoci: non per colpa *solo* di disinformazione nativa sulle piattaforme social, ma anche per quelle deviazioni (per quei bug, appunto: dov’è il Bug?) dei media tradizionali che diventano virali sui social network.

Buoni propositi per il 2022, dunque, e non più brutte intenzioni e maleducazioneI media digitali 2022 devono parlare di quello che sanno, lo devono fare in maniera verticale, sempre più profilata, ricercando il parere di esperti, stando attenti alla verifica della notizia, cercando di intercettare – attraverso nuovi prodotti – il pubblico che si sposta sempre più frequentemente sulle nuove piattaforme. E che – prendiamone atto – è arrivato ad avere, per la pagina web di informazione, quella stessa ritrosia che aveva per la pagina cartacea di un giornale.

Non vorremmo ritrovarci, tra dodici mesi, a doverci chiedere con finta nonchalance che succede?

Foto IPP/Andrea Oldani – Sanremo

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