L’Austria mette in dubbio il comportamento di Facebook sul GDPR: la questione passa alla Corte Europea

Il supremo tribunale di Vienna ha anche riconosciuto un indennizzo simbolico all'attivista Max Schrems

20/07/2021 di Redazione

Se riduciamo tutto a una metafora calcistica, con la sbornia degli Europei vinti dall’Italia che ancora non passa, si potrebbe dire che, anche in questo caso, l’Austria ha costretto un avversario tecnicamente più forte ad andare ai tempi supplementari. Quella della Corte suprema austriaca, infatti, è la classica decisione che premia Davide contro Golia, accogliendo in parte le richieste dell’attivista Max Schrems che ha giudicato alcune pratiche di raccolta dei dati degli utenti da parte di Facebook contrarie ai principi del GDPR, il regolamento che a livello comunitario regola questo aspetto della navigazione in rete.

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Max Schrems e la sua battaglia contro la raccolta dei dati su Facebook

La trafila legale è stata molto lunga: Schrems ritiene che, in alcuni casi, Facebook riesca ad aggirare i permessi richiesti in virtù del GDPR. Secondo la teoria dell’attivista, che da anni sta portando avanti questa sua battaglia, il social network andrebbe a privare gli utenti dei diritti e delle tutele di cui godono ai sensi della legge sulla privacy dell’UE, trattando il consenso come un contratto che gli consente di utilizzare i propri dati per fornire servizi di annunci mirati.

Nel mirino di Schrems e della corte suprema di Vienna è finito soprattutto il sistema dei “like”, per capire quanto questo possa essere utilizzato da Facebook per la proposta di annunci mirati e quanto ci sia di rispondente in questo schema con il GDPR. Si tratta di un principio abbastanza complesso e mai così in profondità affrontato da un tribunale europeo. Non a caso, adesso, la palla passerà alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea chei garantire l’osservanza del diritto comunitario (di cui il GDPR, ovviamente, fa parte).

Il massimo tribunale austriaco, a titolo simbolico, ha anche chiesto un risarcimento danni da 500 euro per Max Schrems, in virtù della mossa ostruzionistica di Facebook di condividere con lui i dati in possesso sul proprio conto. Facebook ha ottenuto il testo della sentenza della Corte suprema austriaca e lo ha analizzato con attenzione. Al momento, la sua reazione si limita a una scarna nota ufficiale: «Siamo impegnati – si legge – nei principi del GDPR e abbiamo apportato importanti modifiche alla nostra attività come parte dei nostri sforzi in corso d’opera per offrire agli utenti una trasparenza e un controllo significativi sui loro dati».

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