Il candidato Grimoldi e il patentino per Instagram e TikTok: «Nessun nuovo obbligo, è solo educazione digitale»

La proposta del candidato consigliere a supporto di Pierfrancesco Majorino aveva creato non poche discussioni. L'intervista a Giornalettismo chiarisce ogni passaggio

23/01/2023 di Redazione Giornalettismo

«Ha svelato il mio segreto – ci dice Mauro Grimoldi, candidato consigliere in Lombardia a sostegno del presidente Pierfrancesco Majorino -. È vero che chiamarlo patentino fa pensare a una sorta di obbligatorietà. Ma è chiaro che questo non è possibile. Già gli obblighi previsti attualmente dalle piattaforme social sono molto facilmente aggirabili: ci mancherebbe che noi ne istituissimo altri. Certo, l’obbligatorietà potrebbe essere costituita dal fatto che una formazione di questo tipo diventi il più possibile parte integrante del percorso scolastico». Lo psicologo giuridico Mauro Grimoldi spazza via ogni dubbio sulla natura della sua proposta, presentata durante la campagna elettorale per le regionali 2023, di istituire una sorta di patentino per le nuove generazioni attraverso cui utilizzare Instagram e TikTok: nessuno ha l’ambizione di istituire utopistici percorsi d’accesso ai social network, ma semplicemente si cercherà di avviare, se la proposta dovesse passare, un percorso di educazione digitale per una nuova consapevolezza dei giovani sulle piattaforme.

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Mauro Grimoldi spiega a Giornalettismo la sua proposta sul patentino per Instagram e TikTok

«La proposta nasce anzitutto da un contesto professionale – spiega Grimoldi ai microfoni di Giornalettismo -. Io faccio lo psicologo giuridico da molti anni e mi occupo di tutte quelle situazioni in cui legge e psicologia si intersecano. Il desiderio di avvicinarmi alla politica regionale nasce da questa posizione, in cui rappresento una parte della società civile che riflette sui problemi che ci troviamo di fronte e propone soluzioni di carattere tecnico. Con il rientro dal covid, la tradizionale difficoltà di relazionarsi dell’adolescente è stata enfatizzata ancor di più. Si pensi che sono triplicati gli adolescenti che rinunciano ad andare a scuola e che si rifugiano nell’enorme universo parallelo rappresentato dai social network, a cui accedono, nella maggior parte dei casi, in maniera illegittima. Ci sono delle indicazioni ben precise sull’età del primo ingresso nelle piattaforme, nelle policies definite dalle piattaforme stesse, ma queste vengono abbastanza facilmente aggirate».

Nessun tentativo di imporre un obbligo, ma – al contrario – quello di portare nelle scuole un nuovo tema di riflessione. «L’iniziativa – spiega Grimoldi – fa parte dell’area della prevenzione, di quella parte, nello specifico, che si svolge a scuola e che si dovrebbe incentrare sul lavoro con i ragazzi, sulla conoscenza dello strumento e dei pericoli connessi allo strumento possibilmente prima o durante la fase reale dell’accesso dei ragazzi a questo mondo nuovo».

Per far questo, dal momento che si tratta di una proposta da campagna elettorale, occorre sicuramente prendere in considerazione le possibili fonti di finanziamento: «Le fonti sono quelle che normalmente vengono destinate alla prevenzione del disagio giovanile all’interno delle scuole, messe a bando e utilizzate in maniera strutturale dai dipartimenti di prevenzione delle ASST. Si tratta semplicemente di trovare il giusto canale per usare queste risorse nella direzione che ci stiamo raccontando. Le professionalità coinvolte devono entrare negli aspetti psicologici dell’evoluzione adolescenziale e poi c’è una professionalità di tipo più tecnico che possa dare informazioni e dati basati sulla conoscenza dello strumento».

L’obiettivo, senza dubbio, è quello di provare a offrire gli strumenti alle giovani generazioni per una nuova consapevolezza nell’utilizzo delle piattaforme con cui si trovano costantemente a fare i conti: «Nei social network si assiste continuamente alla trasmissione di contenuti aggressivi e sessualizzati – ha spiegato Grimoldi -. Inoltre, si fa passare costantemente il messaggio che, all’interno delle piattaforme, la dimensione dell’immagine sia molto più importante di quella della parola. I contenuti sono sempre più brevi e le immagini, per avere successo e per ottenere il tanto sospirato like, devono essere molto forti, devono muovere una dimensione pulsionale molto forte e vengono fortemente estremizzate. In passato, alcuni episodi di cronaca ci hanno mostrato come si siano verificate davvero delle situazioni molto gravi a causa di contenuti social portati all’estremo. Non possiamo restare indifferenti, come adulti, di fronte a questa realtà. Dobbiamo occuparci del mondo reale, ma per un adolescente, spesso questo mondo reale coincide con quello virtuale».

Il tutto, tra l’altro, senza perdere un passaggio fondamentale. Le principali piattaforme come Meta e TikTok hanno la propria sede italiana proprio a Milano. Va da sé che, in una iniziativa di questo tipo, il coinvolgimento può essere sicuramente previsto e questo è l’auspicio anche del candidato consigliere: «Sono certissimo che le aziende troveranno molto interessante l’ipotesi di un utilizzo etico dei loro strumenti. Non sono dell’avviso che le aziende siano dei soggetti da tenere lontani da questo tipo di iniziative. Lei parlava prima di finanziamenti: non escludo che vi possa essere un loro interesse nel co-finanziare proposte di questo tipo, se la regione Lombardia dovesse diventare promotrice dell’iniziativa di base. Noi non portiamo alcun danno all’immagine dell’azienda, anzi. La nostra proposta non è quella di lavorare sul tema dell’accesso, ma è quella di rendere più competenti e attenti i ragazzi. Mi piacerebbe sottolineare che di questo tema nessuno degli altri candidati – né alla carica di presidente, né alla carica di consigliere – parla. Nonostante la regione Lombardia sia la sede italiana delle aziende di Big Tech. Nessuno pensa che sia un problema, io invece credo lo sia».

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