Se in manovra c’erano più soldi del dovuto, perché abbiamo perso 1 miliardo nella trattativa con Bruxelles

Un miliardo. Secondo alcune stime, è quello che ci è costata la lunga trattativa con Bruxelles sull’ormai vecchio rapporto deficit/pil al 2,4%. Nei lunghi mesi che hanno caratterizzato l’autunno del governo, diviso tra i moniti di Giovanni Tria e la cocciuta testardaggine di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, lo spread che ha superato per lunghi tratti i 300 punti base, le aste dei bot che andavano praticamente deserte, la sfiducia dei mercati negli investimenti in azioni italiane hanno portato a un rallentamento della corsa dell’economia italiana. Certificato anche dalla stagnazione del pil nell’ultimo trimestre.

«In manovra c’erano più soldi di quelli che servivano»

Un sacrificio che ha portato a qualcosa? Neanche per idea. Il governo italiano, per evitare la procedura d’infrazione, ha cambiato previsioni, passando dal 2,4% all’incomprensibile 2,04%. Oggi, tuttavia, scopriamo da Luigi Di Maio – ospite a Mattino 5 – che la riduzione non comporterà sacrifici perché in manovra «ci sono più soldi di quelli che servivano».

La scoperta sulla manovra, dopo le relazioni tecniche

Pertanto, quota 100 e reddito di cittadinanza si faranno. E dovrebbero arrivare nei prossimi mesi, attraverso dei decreti ad hoc. Ma come siamo arrivati a scoprire, all’improvviso, che i soldi in manovra erano già abbastanza? Lo spiega sempre il ministro per lo Sviluppo Economico: «Dalle relazioni tecniche – ha detto a Mattino 5 – stiamo scoprendo che abbiamo più soldi di quelli che avevamo previsto. Questo farà un po’ arrabbiare i cittadini, perché significa che i soldi c’erano anche prima come avevamo detto noi, quando eravamo all’opposizione».

Insomma, la colpa è sempre di qualcun altro. Poco importa che, il 2 ottobre scorso, era stato lo stesso Di Maio a dire che, senza il 2,4%, il reddito di cittadinanza, le pensioni e i risarcimenti ai truffati dalle banche non erano possibili. Dal balcone festante del Movimento 5 Stelle, passando dai «me ne frego» e dalle letterine di Natale di Matteo Salvini, il 2,4% sembrava un dogma incontestabile. Ora la narrazione ha preso una piega completamente diversa. Ai danni – come al solito – dei contribuenti.

FOTO: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

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