L’esclusiva del Time su Open AI che fa lobby per annacquare l’AI Act

Le istituzioni europee sono sempre state avvicinate da lobbisti delle grandi aziende di Big Tech e - a quanto pare - nemmeno quelle che si occupano di intelligenza artificiale fanno eccezione

22/06/2023 di Gianmichele Laino

Non è una novità. Spesso, infatti, le istituzioni europee (allo stesso modo di quelle del governo americano) entrano in contatto con la figura dei lobbisti – non nella loro accezione negativa o addirittura illegale – per “fare rete” e cercare di orientare alcune decisioni politiche a favore delle aziende di cui tutelano gli interessi. Nelle stanze di Bruxelles è già successo, anche per quanto riguarda i grandi colossi di Big Tech: nell’ottobre del 2022, infatti, Paul Tang, René Repasi e Christel Schaldemose avevano presentato delle denunce per azioni di lobby poco trasparenti da parte degli emissari di alcune aziende come Google, Meta, Amazon, Computer & Communications Industry Association (CCIA), IAB Europe. L’obiettivo di queste azioni di lobby era quello di ammorbidire il più possibile i passaggi più netti di Digital Markets Act e Digital Services Act, i due insiemi di leggi che hanno disciplinato il settore digitale in Europa e che punteranno a regolamentarlo anche nei prossimi anni.

Oggi, il Time ha scoperto che all’azione di lobby non è estranea nemmeno Open AI, l’azienda che ha realizzato ChatGPT, soprattutto nel periodo in cui si è svolta la discussione che ha portato alla recente approvazione, da parte del parlamento europeo, dell’AI Act, il primo provvedimento al mondo che punta a regolamentare in maniera completa l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. L’AI Act – di cui si parla già da anni – inizialmente era stato concepito per fronteggiare il fenomeno del riconoscimento biometrico, soprattutto nei luoghi pubblici. Successivamente, vista l’evoluzione di uno strumento come ChatGPT, ha cambiato il suo focus, spostandolo sull’intelligenza artificiale generativa e cercando, in qualche modo, di inquadrarla in parametri più gestibili dal punto di vista legale.

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Lobby Open AI sul parlamento europeo, la scoperta del Time

Open AI si è impegnata con l’Unione Europea in cambio di alcune concessioni all’interno dell’AI Act. È questo il risultato di alcuni documenti che sono stati visionati e pubblicati in esclusiva dal Time, i white papers che mettono nero su bianco tutte le azioni di lobbying che sono state effettuate. Open AI, società madre di ChatGPT, avrebbe proposto più volte degli emendamenti ai legislatori europei, che – dal canto loro – li avrebbero di volta in volta presi in considerazione prima dell’approvazione del testo finale, arrivata il 14 giugno scorso.

Il macro-obiettivo di Open AI – ma anche di Microsoft e di Google – era quello di non veder finire i loro prodotti all’interno dell’elenco di quelli a più alto rischio che, pertanto, avrebbero dovuto sottostare a delle discipline molto più rigide per quanto riguarda gli articoli dell’AI Act.

Attualmente, la legge prevede che i sistemi di AI generativa di base (come ChatGPT o i sistemi di intelligenza artificiale che puntano alla generazione di immagini) rispettino meno requisiti di quelli inizialmente previsti dalla bozza (dove ogni strumento di intelligenza artificiale generativa veniva considerato intrinsecamente ad alto rischio), tra cui la prevenzione della generazione di contenuti illegali, rivelando se un sistema è stato addestrato su materiale protetto da copyright. Insomma, le intelligenze artificiali in grado di autoregolamentarsi – è la sintesi – possono continuare a operare. La vera domanda – come vedremo nel corso del monografico di Giornalettismo – è se sistemi come ChatGPT, effettivamente, funzionino con successo nella gestione dell’autoregolamentazione.

Gli esperti di intelligenza artificiale che hanno visionato il testo e che sono stati consultati dal Time, per ora, concordano: «OpenAI – affermano -, come molte aziende Big Tech, ha utilizzato l’argomento dell’utilità e del beneficio pubblico dell’AI per mascherare il proprio interesse finanziario ad annacquare la regolamentazione europea».

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