Ma siamo sicuri sia una buona idea lasciare WhatsApp per andare su Telegram?

Al di là delle questioni legate alla privacy, il servizio di messaggistica di Pavel Durov è decisamente controverso

13/01/2021 di Gianmichele Laino

Dalla padella alla brace. È questo il rischio che si corre oggi, dopo la presunta fuga da WhatsApp seguita all’invio di una notifica – da parte del servizio di messaggistica – che dà conto dell’aggiornamento delle sue policy sulla privacy e sulla protezione dei dati personali. In queste ore si registrano successi di app come Signal e, appunto Telegram: lasciare WhatsApp per Telegram, in modo particolare, sembra essere diventato la moda del momento.

Lasciare WhatsApp per Telegram, una scelta giusta?

Come abbiamo già riportato diverse volte su Giornalettismo, tuttavia, si tratta di una questione aperta e niente affatto semplice: gli utenti contestano a WhatsApp di cedere i propri dati personali a Facebook (di cui il servizio di messaggistica è proprietà). Ma non si tiene conto dell’impatto del GDPR in Europa su una scelta di questo tipo: come ha chiarito proprio WhatsApp, infatti, gli utenti del continente europeo non hanno nulla da temere da questo punto di vista e che i cambiamenti riguarderanno per la maggior parte gli account business che, in questo modo, potranno orientare meglio le proprie scelte. Gli utenti medi subiranno comunque delle modifiche che, tuttavia, potranno essere esaminate con maggiore chiarezza proprio nella pagina – aggiornata – su termini e condizioni d’uso di WhatsApp.

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Insomma, la corsa europea a lasciare WhatsApp sembra quantomeno prematura. Nonostante questo, in seguito a una serie di articoli e di passaparola sui social network – lo dicevamo in apertura – si sta registrando una gran mole di download di altre app di messaggistica. In modo particolare, Pavel Durov – il fondatore di Telegram – ha dato conto del grande successo della sua app: 25 milioni di nuovi utenti nelle ultime 72 ore, con una distribuzione su diversi continenti (il 38% viene dall’Asia, il 27% dall’Europa, il 21% dall’America Latina e l’8% dal Medio Oriente e dal Nord Africa). Al momento, gli utenti su Telegram sono 500 milioni.

Le altre vulnerabilità di Telegram

Senza dubbio, app come Telegram e Signal hanno fatto grandi passi in avanti dal punto di vista della sicurezza dei dati personali, della crittografia end-to-end, dell’indipendenza nei confronti delle grandi companies del web (il caso Facebook-WhatsApp è emblematico). Ma cosa serve questa sicurezza se, poi, su Telegram il diritto alla riservatezza viene costantemente messo in discussione dalle numerose chat di revenge porn e – in generale – di pornografia non consensuale che sembrano aver trovato il proprio terreno fertile proprio qui?

Anzi, molto spesso le due cose sono state collegate: proprio perché agisco con una maggiore riservatezza, allora mi sento più “protetto” nel violare i sacrosanti diritti all’anonimato delle persone protagoniste di video che vengono condivisi indiscriminatamente. Il sistema dei gruppi, del passaparola, in abbinata all’anonimato ha senz’altro favorito fenomeni deprecabili. Una recente stima di PermessoNegato, infatti, ha chiarito che sono stati segnalati quasi 90 gruppi di revenge porn su Telegram, con circa 6 milioni di utenti iscritti e la relativa diffusione del materiale in questione. Nonostante le segnalazioni, non sono mai stati presi provvedimenti da parte delle autorità giudiziarie. Anche perché, proprio per la stessa natura di Telegram, è molto facile rimuoverli, ricostruirli sotto un altro nome, ricreare l’audience. Siamo sicuri che, da un servizio di messaggistica, chiediamo proprio questo?

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