Il punto di vista di Assoinfluencer sulle linee guida di Agcom: l’intervista a Jacopo Ierussi
Abbiamo parlato con il Presidente dell'Associazione Italiana Influencer di quel che sarà il presente e il futuro dei creator, in base alla nuova normativa
17/01/2024 di Enzo Boldi
Dai social da inserire nel conteggio per i follower totali, al divieto di pubblicizzare alcuni prodotti. Dalla questione del possibile ricorso al TAR da parte del Codacons per la questione della “territorialità”, a quella visione degli influencer e content creator equiparati – per responsabilità sui propri contenuti, ai sensi del TUSMA – agli editori. Di tutto questo, partendo dalle nuove linee guida pubblicate da Agcom (in attesa del tavolo tecnico) abbiamo parlato con Jacopo Ierussi, Presidente di Assoinfluencer.
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L’Associazione ha partecipato alla consultazione pubblica indetta, nel mese di luglio, dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, fornendo una propria visione un proprio contributo: «Tra i punti positivi, a mio avviso, c’è l’introduzione del divieto per alcuni tipi di prodotti e settori merceologici che potrebbero essere dannosi per l’utente finale, specie se ne venga promosso il consumo – ha spiegato a Giornalettismo Jacopo Ierussi -. Parliamo del gioco d’azzardo, di prodotti a base di tabacco, nicotina e sigarette elettroniche. Diverso il discorso per l’alcol: può essere pubblicizzato, ma bisogna fare in modo tale che vengano impostati dei metodi di comunicazione che siano refrattivi rispetto a quella che è la visione da parte di utenti minorenni. A prescindere da questo, qualsiasi contenuto che inneggia all’abuso dell’alcol è comunque vietato».
Jacopo Ierussi, le linee guida Agcom secondo Assoinfluencer
Ma c’è anche un altro aspetto che va a riprendere un principio stabilito in un altro Paese europeo e che sembra la rappresentazione plastica di un sintomo comportamentale degli utenti: «Un altro aspetto che trovo molto peculiare, perché coerente con quanto già previsto in una legge francese, è il fatto che i creator non possano parlare di determinati tipi di cure e prodotti farmaceutici, laddove siano oggetto di prescrizione da parte di un professionista abilitato – ha proseguito il Presidente di Assoinfluencer ai microfoni di GTT – . Questa visione mi porta a una riflessione, perché il fatto che sia necessario arrivare a tanto vuol dire che purtroppo ci sono persone che per quanto riguarda la cura della propria salute ritengono giusto anche affidarsi a quelli che sono i consigli di un influencer».
La questione del milione di follower
Tra le perplessità emerse leggendo il testo delle linee guida, c’è quella che riguarda i social network che saranno monitorati al fine del conteggio di quel “milione di follower” che farà scattare i vincoli più stringenti del TUSMA per alcuni influencer. Una questione ancora non propriamente chiara: «La mia idea è che nel conteggio totale rientreranno tutte le piattaforme. Perché, stando a quanto scritto all’interno dell’allegato alla delibera Agcom, nella definizione di “influencer” vengono compresi “vlogger”, “streamer”, “creator” e “uploader”. Dunque, il raggio di azione è molto ampio. Inoltre, sempre nello stesso testo, si parla di “piattaforma o social media”. Compreso un sistema di messaggistica istantanea».
Dunque, parliamo di LinkedIn, canali Telegram e Whatsapp, Pinterest e molti altri. Ma anche BeReal. E proprio su quest’ultimo social network, Assoinfluencer – nel corso della consultazione pubblica sulle linee guida – ha sollevato ad Agcom una questione tecnica e strutturale: «Questa piattaforma non permette di mettere la sovrimpressione nei messaggi, perché non consente alcuna alterazione della fotografia. Quindi cosa facciamo, la escludiamo dal computo dei nuovi social media? E se domani dovesse diventare la nuova piattaforma trend?». Nelle definizione degli influencer che dovranno seguire i paletti più stringenti del TUSMA, però, non c’è solamente il numero cumulativo di follower: «C’è il rate engagement che, però, solleva un altro tipo di problematica. Non può essere, per esempio, calcolato su Whatsapp (e anche su Telegram, ndr). Inoltre, c’è anche il minimo di 24 contenuti postati in un anno».
La territorialità
Per quel che riguarda la territorialità e la mozione con cui il Codacons vuole accompagnare il suo ricorso al TAR del Lazio per bloccare l’entrata in vigore di queste linee guida, Jacopo Ierussi ci ha fornito una visione di gran lunga differente: «Sarebbe come applicare il Codice del Consumo alla, per fare un esempio, BBC. In realtà, le piattaforme di social media hanno un principio di territorialità implicito. Tra l’altro, in parte governato dal sistema dell’algoritmo. Di conseguenza, pensare che si possa ritenere che il Codice del Consumo si applichi a content creator che operano al di fuori della nostra nazione e che si rivolgono a un pubblico anche al di fuori dell’Italia è come immaginare che questo Codice, tutto d’un tratto, abbia acquisito un potere di rilevanza giuridica come fonte di rango internazionale. Il che è un assurdo giuridico».
Jacopo Ierussi: «Impossibile dare responsabilità “editoriali” ai social media»
Infine, il tema cardine: gli influencer visti come editori (almeno per le responsabilità): «Le piattaforme sono un mezzo, un qualcosa che viene attraversato dai contenuti – ci ha detto Jacopo Ierussi -. È lo stesso principio che, all’epoca, ha salvato Megavideo. Ma dov’è che Megavideo è cascato? Laddove non aveva un sistema di intervento per difendere la proprietà intellettuale altrui. Anzi, era connivente con un meccanismo di pirateria. E invece, le piattaforme di social media oggi sono talmente tanto sul pezzo che sono oberate oltre limite dal livello di segnalazioni. Per loro, tutto questo si trasforma in un costo-azienda. Oggi non si può far ricadere questo sulle piattaforme, vi faccio un esempio: sarebbe come dire che chi ha dato la carta a una casa editrice per fare un giornale ha una responsabilità per quel che viene scritto sulla carta stessa».
Dunque, l’unica soluzione – come previsto oggi dalle linee guida Agcom – è quella di rendere il proprietario intellettuale di un contenuto il responsabile editoriale di quel contenuto: «Altrimenti ci sarebbe uno spostamento di quella che è la responsabilità per la linea creativa ed editoriale di soggetti terzi. E questo genererebbe problemi di consapevolezza sull’appartenenza della proprietà intellettuale, perché tu puoi rispondere solamente per quella che è una tua manifestazione del tuo libero pensiero o di un’attività a carattere commerciale. Mentre per le piattaforme è un riflesso che fa parte del loro modello di business, certamente, ma rappresentano solamente il mezzo su cui questa attività si svolge. Quindi, secondo me non potevano essere i social media i destinatari di queste linee guida e su questo Agcom ha agito bene, anche perché sarebbe voluto dire caricare le piattaforme di un qualcosa di ingestibile, anche perché l’algoritmo ha i suoi limiti».