Il problema della “territorialità” delle linee guida Agcom sugli influencer

La questione sollevata dal Codacons è molto importante e le risposte dell'Autorità non convincono

17/01/2024 di Enzo Boldi

Al netto di tutte le questioni critiche che abbiamo sollevato da una settimana, c’è un aspetto fondamentale per valutare e verificare la possibile efficacia e il raggio di azione dell’ultima delibera di Agcom: quello della territorialità delle linee guida sugli influencer. Perché, in linea generale, ci sono due scuole di pensiero che – però – sono contrastanti tra loro. Anzi, ci sono due aspetti che sono, anche a livello meramente legali, contrastanti: queste indicazioni ai sensi del TUSMA possono e saranno applicate anche a quegli “attori stranieri” che vivono all’interno di quell’ecosistema senza confini dei social media?

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A sollevare questo dubbio – che, stando alle comunicazioni ufficiali, potrebbe portare le linee guida di Agcom a un ricorso al Tar – è stato il Codacons. L’associazione dei consumatori, infatti, si era interfacciata attivamente con l’Autorità nelle settimane precedenti alla delibera con cui sono stati applicati i princìpi del Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi, mettendo in risalto alcune questioni che sarebbero dovute essere risolte prima. Innanzitutto è stata contestata quella soglia del “milione di follower”. Ma se questo può apparire un dettaglio, anche se non lo è, c’è una questione di carattere tecnico e legislativo che potrebbe portare a un esito vincente del ricorso al Tar da parte del Codacons: quello della territorialità linee guida influencer.

Territorialità linee guida influencer, il grattacapo di Agcom

Cosa vuol dire? Il Codacons, nelle scorse settimane ha chiesto ad Agcom di prevedere l’efficacia di queste linee guida anche a chi opera all’estero, anche non parlando la lingua italiana. Perché il digitale, per definizione, vive attraverso il web. E internet, per definizione, non ha confini. Dunque, un messaggio social pubblicato da un “influencer” di Zanzibar in inglese, può arrivare a un utente italiano. A questa obiezione, si legge nel comunicato stampa dell’associazione dei consumatori, l’Autorità ha replicato così:

«Per quanto riguarda il suggerimento del Codacons di applicare una disciplina ad hoc anche agli influencer che non operano in lingua italiana, ma che influenzano il pubblico italiano, si osserva che l’ambito di applicazione territoriale è definito dal Testo unico e, sulla base del principio del paese di origine della Direttiva SMAV, non è possibile intervenire in assenza di una norma di legge che consenta una deroga». 

Dunque, secondo la versione di Agcom, le linee guida sugli influencer possono essere applicate solo a livello territoriale (inteso non solamente come principio geografico, ma anche linguistico) e non a coloro i quali non vivono in Italia e non pubblicano contenuti vietati (ai sensi del TUSMA) in lingua italiana. Un paradosso normativo che, però, non trova conferma negli impianti normativi italiani.

Cosa dice il Codice del Consumo

Perché se gli influencer sono come editori, i follower sono inevitabilmente dei consumatori. Dunque, una potenziale vittima di una violazione (rimanendo sul tema di queste linee guida) da parte di un influencer (anche straniero) del Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi. Questa cornice, dunque, ci porta al Codice del Consumo, nello specifico all’articolo 66 che si occupa proprio della tutela amministrativa e giurisdizionale.

«Competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore». 

Dunque, se il consumatore è italiano (“risiede nello Stato”) ed è vittima di una violazione del TUSMA da parte di un influencer straniero (anche con messaggi non in lingua italiana), la giurisdizione – ai sensi del Codice del Consumo – è italiana. E, invece, le linee guida di Agcom sostengono il contrario.

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