«Lo scopo delle nostre pagine è normalizzare una famiglia come la nostra, far capire che non c’è nulla di diverso da tutte le altre»

Due mamme, tre figli e tantissimi reel. Intervista a Giada Buldrini e Serena Galassi

16/09/2023 di Hilde Merini

La cosa buona di internet, abbiamo sempre pensato, è che c’è spazio per tutti. Molti e molte di noi hanno trovato proprio sul web quello spazio di libertà e comunicazione che non riuscivano più a trovare nelle piazze e negli spazi nelle proprie città.  

Giada Buldrini e Serena Galassi sono sposate e hanno tre figli, insieme compongono la famiglia dietro il profilo @duemammeetrefigli dove raccontano la loro quotidianeità e il loro percorso verso la maternità. Una condivisione nata prima nell’ambito nella naturale condivisione digitale con amici e parenti, come tutti siamo ormai abituati a fare dal 2004 (anno di nascita di Facebook) ma che ha portato la giovane coppia alla professione di content creator. 

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Intervista a duemammetrefigli, il progetto sui social e il loro ruolo sociale

«Da quando sono nati i gemelli abbiamo sempre condiviso foto e aggiornamenti su ciò che facevamo, su Facebook, per tenere aggiornati i nostri parenti più lontani e che spesso facciamo fatica a vedere. Già da lì (ormai lontano 2013) molte persone si erano incuriosite e ci chiedevano come avevamo fatto ad avere dei figli e noi eravamo felici di poter dare una mano» – nasce così l’avventura digitale di Giada e Serena. «Nel tempo ho aperto anche le mie pagine personali di Instagram e TikTok – spiega Giada Buldrini -, solo durante la pandemia però, quando ho presentato la nostra famiglia su TikTok e il video è diventato virale, ho pensato che sarebbe stato più utile raccontarsi tramite questi ultimi due social». Una storia comune a tanti creator: la pandemia, la costrizione e il bisogno di comunicare con l’esterno ha stimolato la creatività di tanti. «Principalmente per aiutare altre coppie come noi a reperire informazioni utili per poter allargare la propria famiglia, oppure per dare un sostegno a chi fa parte della comunità lgbtqia+» – aggiungono le due mamme, sottolineando il loro impegno sociale e la vicinanza alla comunità.  

Il passaggio all’attuale naming avviene però su Instagram e su TikTok nel 2021, «quando abbiamo effettivamente realizzato che c’era troppo bisogno di sensibilizzare sull’argomento e renderlo quanto più naturale possibile». Un nome diretto, chiaro, che mette subito l’utente nella condizione di comprendere la natura del profilo. La vita quotidiana di una famiglia arcobaleno, una delle tante, anzi tantissime, presenti in Italia. Finalmente visibili, rispetto a diversi anni fa, stanno conquistando la loro fetta di rappresentanza sui social grazie a tanti profili che si mettono davanti alla telecamera anche per il bene della comunità. Nonostante questo, non è sempre facile trovare unità tra le famiglie arcobaleno sui social: «Tra famiglie arcobaleno sui social c’è solidarietà, ma non sempre. Non saprei come spiegarlo, forse è solo una mia impressione ‘a pelle’». 

Vita reale vs vita sui social: quali sono le differenze

Nonostante la sempre maggiore presenza sulla scena pubblica, la vita di queste famiglie non è così facile, costellata di episodi di odio online e offline. Giada e Serena ci raccontano la loro esperienza: «Episodi di omofobia online ne abbiamo vissuti tantissimi! Alcuni ci hanno augurato addirittura la morte! Inizialmente era difficile, però il nostro scopo di sensibilizzazione serviva proprio a questo; spesso abbiamo risposto con ironia a certi commenti e anche se tutt’oggi alcuni ci fanno salire una grossa rabbia, cerchiamo di prenderla con filosofia e lasciamo correre, oppure ci creiamo un contenuto che necessita di qualche approfondimento. È estremamente necessario farsi scivolare le cose addosso. Spesso, per fortuna, ci riusciamo benissimo». 

Oltre alla comunità lgbtqia+, c’è anche la community del profilo a cui le due mamme prestano particolare attenzione. Ogni giorno, infatti, nutrono con meticolosità il rapporto con i loro follower che, a differenza di quanto si potrebbe banalmente pensare, non è composto solo da persone della comunità lgbtqia+. «Con la nostra community pensiamo di avere un bel rapporto lgbtqia+ – ci dicono Giada e Serena – ci sono parecchie persone che ci seguono e ci scrivono giornalmente. Altre che sono pronte a consigliarci quando abbiamo bisogno di aiuto. Riceviamo veramente tantissimi messaggi ogni giorno e cerco sempre di rispondere a tutti, spesso anche solo con un cuoricino, per far capire all’utente che l’abbiamo letto e non è passato inosservato. La maggior parte della community è composta da donne, una volta erano quasi tutte ragazze facenti parte della lgbtqia+, adesso sono soprattutto mamme (etero e non), ma anche ragazze single e/o senza figli che sentono una sintonia con noi».

A volte è difficile coordinare il lavoro e la vita familiare, diventa sicuramente ancora più difficile quando il lavoro è “dentro casa” e diviso con la propria dolce metà. Giada così ci racconta la divisione dei compiti digitali nella coppia: «Le mansioni della gestione della pagina non ce le dividiamo, faccio principalmente tutto io – ci dice Giada -. Serena è già molto impegnata con il suo lavoro e quando è a casa non ha voglia di pensare ad altro. A volte le chiedo se può aiutarmi nell’ideazione di qualche nuovo contenuto e quindi lavoriamo insieme sul tema e sulla regia di un video. Mi piacerebbe però che riuscisse a ritagliarsi qualche momento in più per creare più cose insieme: lei è molto più creativa di me!». 

Qual è la visione dei bambini sul lavoro di content creator?

Altro fattore da non sottovalutare, e su cui ci invitano a riflettere, è anche la visione che hanno i bambini del lavoro. Un punto di vista sul quale non ci eravamo mai soffermati a ragionare: «Essere mamme e content creator insieme è difficile: solo perché mi vedono sempre a casa – spiega Giada – i bambini non riescono a concepire che, se sono al computer, sto lavorando come se fossi in ufficio, perciò vengo interrotta continuamente. La parte positiva è che posso gestirmi gli impegni lavorativi-famigliari come meglio credo. Anche se alle volte mi rimproverano perché mi vedono spessissimo col telefono in mano (solo perché sto terminando di montare qualche video che non mi hanno dato modo di finire prima)».  

Un lavoro costante, fatto su due diverse piattaforme, che le obbliga a modificare modalità di ricondivisione e creazione dei contenuti: «Tiktok è molto diverso da Instagram. Non ci permette di differenziare tanto il tipo di contenuto – ci dicono le ragazze – perciò, riportiamo spesso gli stessi video che ho condiviso su Instagram oppure qualche storia iconica. Ma questo non ci permette d’avere lo stesso rapporto di community come su Instagram. C’è molto più distacco su TikTok perché non mi permette di raccontarmi come vorrei». Una differenziazione che si sente tanto anche nella comunicazione, come ci tengono a sottolineare: «È assolutamente necessario variare il tipo di comunicazione in base al tipo di contenuto scelto. Il mio tone of voice è sempre confidenziale, mi piace pensare che sto parlando come se lo stessi facendo con le mie amiche. Nelle stories racconto la quotidianità, cosa che non posso fare tramite reel. I reel li uso per approfondire certe tematiche di famiglia/coppia e non, cercando di mantenere l’ironia anche nei momenti più drammatici o sclerotici che si possono vivere in famiglia. I post li utilizzo per contenuti più profondi». 

Ultimamente si è molto parlato della limitazione nella legislazione francese dello sharenting, la pratica di molti genitori di condividere foto e video dei figli sui social. Questo è un argomento che ci piace affrontare sempre con i nostri content creator family, per sapere il loro punto di vista. Le due mamme commentano così la decisione francese: «Se dovesse uscire una legge simile a quella che sta uscendo in Francia, verremmo ugualmente molto penalizzate in questo senso. Un messaggio che non può arrivare senza far vedere la serenità negli occhi dei nostri figli o i loro sorrisi o semplicemente la nostra quotidianità. Dovrei trovare un altro sistema, ma come diceva San Tommaso – e qui in Italia siamo pieni di San Tommaso -: “se non vedo, non credo!”. Dovesse essere una restrizione solo a livello di reel, allora è già un altro paio di maniche, perché sono già meno presenti». 

Diverso il discorso generale, sul quale loro, in qualità di genitori, si sono a lungo interrogate e hanno preso delle posizioni ben definite. «Per quanto riguarda la sovraesposizione mediatica dei minori sui social, alle volte, siamo state additate anche per questo». Ci tengono perciò a spiegare meglio quello che davvero succede dietro allo smartphone: «In realtà, soprattutto con i gemelli, ma ultimamente accade un po’ anche con Micol, vengono sempre avvisati se un determinato contenuto verrà pubblicato. Ad esempio, ormai sanno che la mattina auguriamo il buongiorno a tutti, loro stessi mi dicono “stamattina non mi riprendere” e non ci saranno nel video. Se si presta attenzione, si può nettamente notare che in alcune giornate Thomas e Leo non sono quasi mai presenti, alle volte stessa cosa per Micol. Se creo un reel dove avrei bisogno della loro presenza, spiego loro cosa devono fare e perché. Poi sono loro a scegliere se farlo o meno».

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