L’interrogazione di Filippo Sensi: la polizia italiana ha utilizzato il riconoscimento facciale?

Il tutto parte da un'inchiesta internazionale di BuzzFeed News, all'interno della quale si fa riferimento ad alcuni casi di riconoscimento facciale con tecnologia Clearview IA anche da parte della polizia italiana

08/09/2021 di Gianmichele Laino

Tutto parte da un’inchiesta di BuzzFeed, grazie alla quale si evince che il sistema di riconoscimento facciale Clearview AI sarebbe stato utilizzato anche dalla polizia italiana, in circa 130 circostanze. Ovviamente, si tratterebbe di un vero e proprio caso politico, visto che questo tipo di tecnologia è estremamente controversa e i garanti europei della privacy hanno chiesto di vietare qualsiasi utilizzo dell’intelligenza artificiale per il riconoscimento facciale in spazi pubblici. Per questo motivo, nella giornata del 6 settembre, il deputato Filippo Sensi ha presentato un’interrogazione parlamentare, partendo proprio dall’inchiesta di BuzzFeed, chiedendo al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese se la circostanza descritta, ovvero l’utilizzo di Clearview AI da parte delle forze dell’ordine italiane, sia effettivamente verificata.

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Interrogazione riconoscimento facciale usato dalla polizia

«I dati esaminati da BuzzFeed News mostrano che, a partire dal 2020, la tecnologia di Clearview si è diffusa sempre più in Europa. La polizia di Stato italiana avrebbe, secondo l’inchiesta, utilizzato il software per oltre 130 ricerche, non è escluso che questo sia avvenuto solo per provare il sistema o addirittura senza autorizzazione – ha affermato Filippo Sensi nella sua interrogazione -. Si chiede se risulti che appartenenti alle forze di polizia abbiano utilizzato, anche se non autorizzati, la tecnologia di riconoscimento facciale Clearview Al».

Il sistema di riconoscimento facciale Clearview AI si basa su una tecnica su cui si sono aperte diverse controversie: si tratta di un software che si basa su un enorme database di immagini e di rappresentazioni umane creato sulla base di video e foto ottenute da uno scraping di social network come Facebook e di una piattaforma video come YouTube. Questo database serve, successivamente, per effettuare confronti con i rilevamenti effettuati nei luoghi pubblici.

In Italia, come ha più volte sottolineato lo stesso Filippo Sensi (autore, tra le altre cose, di una proposta di legge che chiede una moratoria sull’utilizzo delle tecnologie di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici), c’è molta confusione sul tema: spesso si sovrappone il concetto di sicurezza con quello del riconoscimento facciale, facendo credere che un territorio più sicuro sia anche quello che ha la possibilità di effettuare una scansione dei cittadini nei luoghi pubblici. Si tratta di un concetto profondamente sbagliato (che genera mostri, direbbe qualcuno) e che ha più volte tratto in inganno, come in questo esempio che arriva da Udine, anche amministrazioni locali.

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