Gli insulti razzisti sotto gli account social di Marcus Rashford sono la sostanza del calcio tossico

Gli insulti razzisti a Marcus Rashford, sui profili social o guardando il match, esprimono la tossicità di una parte ancora troppo ampia del mondo dei tifosi

12/07/2021 di Ilaria Roncone

Quel maledetto vizio che proprio i tifosi non si vogliono levare: lo sfottò razzista. Se dopo la semifinale contro vinta contro la Spagna era toccato agli insulti misogini e sessisti a Alice Campello – moglie italiana di Alvaro Morata – stavolta la vittima è un giocatore della nazionale inglese, Marcus Rashford. L’Italia ha vinto, la gioia è massima, il paese è in festa come è giusto che sia ma è bene ricordare come, ancora troppo (troppo) spesso, il mondo dei tifosi non sappia tracciare un limite e gli insulti Marcus Rashford ne sono la prova.

Ecco che allora non basta più urlare “uh uh uh” davanti ai teleschermi e allo stadio per imitare il verso della scimmia alludendo all’etnia dei giocatori neri, lo si fa anche sui social. E poco importa, a ognuno di quelli che si dà pena di andare su un determinato profilo per lasciare insulti razzisti, se si tratta di uno dei gesti più indecenti che possono ferire i giocatori neri. Un problema, quello degli insulti razzisti nel calcio, che davvero sembra non trovare mai soluzione.

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Insulti Marcus Rashford, quel calcio inutile che divide

Ecco che allora basta scorrere i commenti lasciati sotto i profili social di Rashford dopo il match contro l’Italia per trovare commenti e sfottò razzisti di ogni genere, con le emoji delle scimmie che vanno per la maggiore. Rashford è entrato all’ultimo per il suo ruolo da rigorista e il tiro da undici metri lo ha sbagliato; un errore che resterà nel curriculum del giovane giocatore inglese ma che per nessun motivo al mondo autorizza le persone a riempire di insulti (razzisti e non) i suoi profili social. La consolazione è che, parallelamente a tutte le offese, il giocatore ha ricevuto altrettanta solidarietà per quello che – alla fine dei conti – è un gioco che dovrebbe unire le persone.

Gli alti livelli di tossicità del calcio

Il mondo del calcio e del tifo sono, ancora nel 2021, pervasi da razzismo e mascolinità tossica (quella che spinge a vandalizzare tutto e picchiare le persone durante delle semplici partite di calcio, solo per dirne un paio). Il razzismo è sotto gli occhi di tutti, evidente ed esercitato anche sui social network a mente più fredda. Lo sfottò, nello sport, è la regola ma c’è un limite che va tracciato e che non deve essere superato. L’improperio durante il match è comprensibile, nei momenti concitati, ma quanto è umanamente brutto e avvilente sentire i cori di “uh uh uh” levarsi dai tifosi durante i match o dover vedere gli account social dei giocatori neri invasi da emoji stupide?

La domanda, poi, sorge spontanea: visti anche gli accadimenti, le testimonianze dirette del dolore dei giocatori e la lotta aperta del calcio al razzismo – si veda anche l’iniziativa di TikTok per Euro 2020 – è mai possibile che non si possa fare appello a un briciolo di decenza umana e trattenere quell’istinto così stupido? C’è un solo modo per risolvere – o quantomeno provare a risolvere – problemi come gli insulti razzisti o quelli a Alice Campello: l’educazione emotiva di uomini e donne fin dalla nascita.

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