Quali sono i due social che stanno “rubando” la pubblicità a X

Si tratta di Linkedin e di Threads, che stanno acquistando grandi porzioni di mercato pubblicitario

23/01/2024 di Gianmichele Laino

Se c’è un modo per profilare l’audience in maniera professionale, è da rintracciarsi sicuramente in Linkedin. Con buona pace di Elon Musk e dei suoi esperimenti con Mr. Beast che misurano l’efficacia della monetizzazione su X. I dati rilevati dal Financial Times rispetto al 2023 (e che saranno confermati anche nel 2024) mostrano come, in realtà, ci sia stata una crescita degli investimenti pubblicitari sulla piattaforma professionale di proprietà di Microsoft pari al 10%, per un valore complessivo di 4 miliardi di dollari. Stando alle previsioni per il futuro, quest’anno potrebbe essere quello della definitiva consacrazione, con una ulteriore crescita del 14% rispetto alla base 2023. Insomma, andare avanti con le inserzioni sui social network tradizionali potrebbe non portare a risultati soddisfacenti per le aziende che, al contrario, potranno contare su una piattaforma – come Linkedin – che risponde maggiormente anche alle ambizioni dell’utente che la visita.

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Inserzioni su Threads e Linkedin, una nuova frontiera per la pubblicità digitale

Ma non c’è solo Linkedin. Abbiamo a disposizione, da qualche mese, anche un nuovo strumento. Threads, che è la risposta made in Meta a Twitter/X, ambisce a portare il testo anche a quegli utenti che, abituialmente, utilizzano Instagram per la fruizione e la pubblicazione di immagini statiche e di video. Reuters sostiene che, con lo sbarco in Europa di Threads, questo nuovo social network potrebbe raggiungere 5 miliardi di entrate pubblicitarie in un anno (anche se, alla prova dei fatti, l’app non ha ancora preso piede in maniera decisiva nell’esperienza di navigazione quotidiana dell’utente). Si tratta di un ulteriore segmento di mercato che potrebbe sottrarre spazio a X.

Forse è per questo motivo che Elon Musk ha spinto così tanto sul contenuto di Mr. Beast: ha voluto dimostrare che la sua piattaforma, tecnicamente, può risultare attrattiva per gli investitori. La sensazione, tuttavia, è che non sia la tecnica il problema, quanto piuttosto la reputazione. Gli investitori – Disney in testa – sono fuggiti da X per le teorie e le idee personali che il suo fondatore non manca di pubblicare a ripetizione sulla piattaforma. E anche per lo spazio concesso a progetti editoriali controversi (spesso veri e propri alias che, pagando l’abbonamento, possono godere dei privilegi degli account verificati), che contribuiscono a diffondere disinformazione. La scarsa incisività della moderazione, poi, fa il resto. Assisteremo davvero a questa “fuga pubblicitaria da X”?

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