La faccia internazionale della crisi dei media: grandi nomi non assicurano grandi garanzie

Washington Post, Los Angeles Times e Time, nonostante grandi investitori che arrivano direttamente dal mondo di Big Tech, hanno perso milioni nell'ultimo anno

19/01/2024 di Gianmichele Laino

Il New York Times, nel suo articolo di analisi sulla crisi dell’editoria tradizionale negli Usa, ha usato il detto se vuoi fare un piccolo affare, inizia da uno grande. Noi potremmo iniziare da un detto altrettanto popolare: tutto il mondo è paese. Perché anche negli Stati Uniti, che molti definiscono la culla dell’informazione moderna e il luogo privilegiato per le grandi inchieste che hanno un impatto sociale sul mondo, c’è qualcosa che non torna nei grandi network d’informazione che si appoggiano a piattaforme tradizionali. Nonostante l’intervento, nell’ecosistema editoriale, di grandi colossi di Big Tech (Jeff Bezos di Amazon che ha acquistato il Washington Post; Patrick Soon-Shiong – tycoon delle biotecnologie – che ha acquistato il Los Angeles Times; Marc Benioff di Salesforce che ha acquistato Time), tutte le principali testate americane hanno fatto registrare diversi milioni di perdite nell’anno appena trascorso.

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Crisi giornali americani, cosa sta succedendo

Le principali associazioni che monitorano l’ecosistema dei media negli Stati Uniti – tra questa la Nieman Foundation for Journalism ad Harvard – hanno osservato che, da più parti, l’intervento dei grandi colossi e dei grandi capitalisti globali nel mondo dell’editoria americana era stato salutato quasi come una manna dal cielo. Tuttavia, grandi disponibilità economiche non determinano sempre grande visione imprenditoriale e garanzie per il futuro. Tant’è che la posizione del Los Angeles Times sembra essere davvero molto rischiosa, con uno dei principali editorialisti e punti di riferimento della testata che ha annunciato le sue dimissioni nei giorni scorsi e con il potenziale taglio di ulteriori risorse, oltre alle 75 unità circa a cui si è rinunciato nell’ultimo anno.

Oltre al Los Angeles Times, tuttavia, c’è anche il Washington Post a essere in crisi. Jeff Bezos ha perso 100 milioni di dollari, a causa di una diminuzione delle copie vendute e a causa di una diminuzione degli introiti pubblicitari. Anche qui, i tagli al personale sono stati inevitabili. Nonostante lo scopo iniziale di Bezos, al momento dell’acquisizione della testata, fosse proprio quello di preservare, nella sua interezza, un patrimonio del giornalismo internazionale. I continui tagli, tuttavia, sembrano farlo recedere da questo proposito iniziale.

Nel mirino, tuttavia, ci sono i problemi che si avvertono anche nel panorama editoriale del nostro Paese. Il traffico web è diminuito per molti editori, l’algoritmo di Google non offre più le garanzie di indicizzazione di un tempo, mentre le app che si basano sull’intelligenza artificiale continueranno a erodere la platea dei potenziali lettori dell’editoria di qualità. E se nemmeno i dollari dei miliardari bastano per ovviare a questi problemi, inevitabilmente la crisi dei giornali potrebbe essere più grave del previsto.

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