La TV è ancora il primo influencer?

Sembra passata un'Era geologica da quando ogni singolo italiano guardava la televisione. Ora, anche "per colpa" dei nuovi mezzi, il paradigma è cambiato completamente

19/01/2024 di Enzo Boldi

C’è stato un tempo in cui il televisore era diventato uno strumento indispensabile all’interno di un’abitazione. Tutti ne avevano uno (o più di uno), praticamente sempre acceso anche per accompagnare momenti in cui eravamo impegnati in altro. Un rumore di sottofondo figlio dell’abitudine radiofonica, che ha contraddistinto molti decenni della vita degli italiani. Poi, con l’arrivo di nuovi mezzi e tecnologie, è iniziata una lenta e progressiva crisi: sia per quel che riguarda i prodotti offerti, sia per l’appeal che questi ultimi hanno sul pubblico. E così, quel principio di influenza (quasi monopolistica) che la TV ha avuto per anni si è perso. E continua a farlo.

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C’era un tempo, per esempio, in cui la televisione veniva utilizzata anche come strumento per l’apprendimento. Storico fu il programma, trasmesso tra il 1960 e il 1968, condotto da Alberto Manzi: “Non è mai troppo tardi“. Ben 484 puntate realizzate e mandate in onda, nella fascia pre-serale, per inseguire un principio educativo riassunto nella seconda parte del nome della trasmissione: “Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta“. Era l’Italia ancora alle prese con gli effetti del secondo dopo-guerra e quel nuovo mezzo, arrivato nel nostro Paese qualche decennio prima (ma con scarsa diffusione), rappresentava uno strumento utile anche alla formazione scolastica. Dunque, l’influenza TV era molto elevata in quegli anni.

Influenza TV, la grande crisi dei messaggi recepiti

Stesso discorso può essere fatto per gli anni successivi, quelli dell’intrattenimento e della televisione commerciale. In RAI era già finita l’epoca di Carosello e quelle “storie-spot” che hanno segnato l’epoca hanno lentamente lasciato spazio alle vere e proprie pubblicità che hanno trovato terreno fecondo sulle nuove reti ed emittenti (come quelle Fininvest, oggi Mediaset). Perché parliamo del lato commerciale per capire la crisi dell’influenza TV? Il motivo è molto semplice: siamo nell’epoca in cui tutto è influencer. Tutto gira intorno a quel che viene presentato da chi lavora attraverso i social. E, di conseguenza, anche i piccoli, medi e grandi marchi che vogliono ottenere una grande visibilità, hanno impennato gli investimenti verso le piattaforme.

Ci sono molte concause che hanno portato a questo nuovo paradigma che ha cambiato il corso della storia. Un tempo c’era solo la tv (affiancata dalla radio). L’informazione era solamente quella cartacea, ben presto superata da quella dei telegiornali, per fare un esempio. Ma proprio l’ingranaggio informativo è quello che ci aiuta a capire quel che sta succedendo da qualche anno a questa parte. La crisi dei TG, infatti, è l’emblema di questo spostamento sistematico verso nuove fonti. Non solo di informazione, ma anche per quel che riguarda le nostre abitudini e i nostri consumi.

Il cambio di paradigma

È sempre più difficile (praticamente impossibile tra le nuove generazioni) parlare di un prodotto e sentirsi dire «l’ho visto in TV». È molto più facile, invece, sentir pronunciare le parole «l’ho visto su Instagram». Gli influencer, almeno commercialmente, sono diventati la vera e propria televisione. Sono coloro i quali spostano gli equilibri nelle abitudini dei soggetti che sono passati dall’essere “condizionati” e influenzati dal piccolo schermo a uno schermo ancora più piccolo, quello dei nostri smartphone. Ed è questa, probabilmente, la principale causa di questa disaffezione delle persone (e non si parla solamente dell’Italia, visto che il fenomeno è diffuso in tutto il mondo) a quell’apparecchio che ha fatto la storia.

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