Attenzione a dire che i software israeliani «usati da Renzi» influenzano il voto

Nelle carte dell'inchiesta Open si parla anche delle strategie social e di comunicazione dell'ex presidente del Consiglio

10/11/2021 di Redazione

Da qualche giorno stanno emergendo – e vengono pubblicati a cadenza regolare – dei dettagli relativi all’inchiesta Open, la Fondazione vicina a Matteo Renzi. Nella giornata di oggi, in modo particolare, l’attenzione si è concentrata sulla strategia di comunicazione e, soprattutto, sull’utilizzo dei social network. Nella fattispecie, il Fatto Quotidiano ha parlato di Tracx e Voyager analitics, strumenti della società di diritto israeliano Bionic Ltd. Nel titolo scelto, si fa una sintesi estrema: «Renzi pagava 260mila dollari per un software israeliano in grado di influenzare il voto». Un’affermazione che sarebbe estremamente preoccupante se ci fossero gli estremi per potrela sottoscrivere nero su bianco.

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Influenzare il voto è possibile attraverso delle piattaforme di tracciamento?

Innanzitutto, non si tratta di società che operano nell’ombra per manipolare le menti degli utenti di varie piattaforme. Questo è bene sottolinearlo: esistono tanti strumenti di tracciamento e analisi dei dati – i social network ne sono pieni e hanno a loro disposizione anche degli applicativi nativi per poterlo fare – che mettono insieme le indicazioni sul comportamento degli utenti in rete, in modo tale da targettizzare gli utenti. Pensate che proprio oggi Meta ha annunciato che Facebook, Instagram e WhatsApp andranno a rinunciare alla microprofilazione degli utenti basata su criteri come l’etnia, l’orientamento sessuale, la salute, la sensibilità politica.

«Che si tratti di proteggere le comunità o di consentire processi più efficienti su larga scala – si legge sul sito di Voyager Analytics -, Voyager Analytics utilizza algoritmi di deep learning e cognitive computing all’avanguardia per rendere il mondo un posto migliore». Una compagnia a cui diversi utenti in tutto il mondo si rivolgono per migliorare le proprie performance (a livello aziendale o comunicativo). Purtroppo, negli ultimi tempi, abbiamo fatto in modo che anche la politica sia entrata all’interno del meccanismo dei social network. Qui si orienta il consenso e – la Bestia di Matteo Salvini ce lo ha insegnato – ci sono molti modi per intercettarlo: a partire dalla strategia di pubblicazione del contenuto, passando per i temi affrontati, arrivando persino a contenuti sponsorizzati che possano raggiungere potenziali elettori. Da qui a dire che questo software ha avuto il potere di «influenzare il voto», ce ne passa. Del resto, basta andare a vedere il risultato del referendum costituzionale in vista del quale questi software sarebbero stati utilizzati: il voto non premiò affatto Matteo Renzi. 

La strategia di Renzi per la presenza in tv

Il team di comunicazione di Matteo Renzi ha sempre considerato in maniera molto attenta il comportamento dei social network. Dunque, può essere facilmente comprensibile il fatto di voler investire nell’ambito di un settore. Repubblica al contrario ha pubblicato degli stralci di conversazione relativi alla presenza di Matteo Renzi in televisione (sulle reti Rai, a Mediaset, a La7) nel periodo precedente al referendum costituzionale che comportò, in seguito all’esito, le dimissioni dell’ex premier. Anche qui si nota una strategia di presenza, di miglioramento delle argomentazioni per raggiungere vaste porzioni di pubblico. Ma cosa c’entra un’attività svolta da tutti i leader di partito di tutto il mondo con un’inchiesta giudiziaria?

Foto IPP/Fabio Cimaglia – Roma

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