La Federal Trade Commission dice che Facebook non ha motivo di bannare i suoi utenti critici

La ricercatrice della NYU, Laura Edelson, era stata estromessa dal social, dopo averne denunciato il ruolo nella disinformazione

06/08/2021 di Gianmichele Laino

Facebook non ha scuse. E lo riconosce persino l’ente a cui il social network si era appellato per giustificare il ban di alcuni utenti critici con la piattaforma di Zuckerberg a causa del suo ruolo nella disinformazione. La Federal Trade Commission, infatti, era stata citata da Facebook come parziale causa della sua scelta, ma è stata la stessa FTC a dire che questa causa non trova alcun riscontro nella realtà. Ma procediamo con ordine.

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La Federal Trade Commission non asseconda Facebook che banna i suoi utenti

Un gruppo di ricercatori della New York University – come vi avevamo già raccontato in passato, anche con un’intervista a Laura Edelson – hanno costruito una piattaforma, chiamata Ad Observer, che serve a raccogliere alcune segnalazioni da parte degli utenti che vogliono aiutare a denunciare la disinformazione che passa attraverso Facebook. Un obiettivo nobile che, però, a Facebook non è piaciuto, in virtù del taglio critico che i ricercatori della New York University hanno dato ai loro lavori. Dunque, Facebook ha pensato bene di bloccare i loro account, impedendo loro – di fatto – di proseguire nel loro intento.

Ufficialmente, il motivo che ha portato Facebook al blocco degli account è quello di «fermare lo scraping non autorizzato e di proteggere la privacy delle persone in linea con il nostro programma sulla privacy ai sensi della legislazione prevista dalla Federal Trade Commission». Quest’ultima, però, ha parzialmente smentito il social network di Mark Zuckerberg. Il direttore della FTC, Samuel Levine, ha scritto una lettera direttamente al fondatore del social network, lettera che è stata letta dal Washington Post. In questa missiva, si sottolinea l’inopportunità del comportamento di Facebook: «Se avessi onorato il tuo impegno a contattarci in anticipo, avremmo sottolineato che il decreto di consenso non impedisce a Facebook di creare eccezioni per la ricerca in buona fede nell’interesse pubblico» – ha scritto il direttore della FTC.

Facebook si è appellato alla richiesta di consenso esplicito agli utenti per rilasciare dati personali a terze parti che è stato la pietra dello scandalo di Cambridge Analytica. Ma le disposizioni della FTC in questo senso non prevedono affatto limitazioni per cessione di dati a scopo di ricerca, esattamente come stava facendo il team di lavoro della NYU che aveva messo in piedi la piattaforma Ad Observer. Quindi, il ban di Facebook non risulta motivato da una decisione in capo a FTC e si configura, invece, come scelta autonoma della società di Menlo Park. Che rende non poco complessa la prospettiva del problema: non c’è un blocco legato a una legge di mercato; il blocco è motivato dal tipo di lavoro che i ricercatori della NYU stavano facendo per denunciare la disinformazione sul social network.

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