AlgorithmWatch costretto ad abbandonare il suo monitoraggio dell’algoritmo di Instagram

L'ONG parla di impossibilità nel sostenere le minacce legali di Facebook

13/08/2021 di Redazione

La non governativa tedesca AlgorithmWatch ha chiuso ufficialmente il suo progetto di monitoraggio dell’algoritmo di Instagram, che è stato portato avanti con fatica negli scorsi mesi. L’ong aveva raccolto alcuni dati – attraverso un plug-in – per monitorare il comportamento del sistema che regola la distribuzione dei contenuti sul social network di proprietà di Facebook. Tuttavia, Menlo Park aveva accusato i ricercatori di raccogliere i dati in maniera non conforme al GDPR e – per questo motivo – aveva minacciato azioni legali. Questa mattina, con un post sui social network, AlgorithmWatch ha annunciato la chiusura della sua indagine.

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AlgorithmWatch ha chiuso il suo progetto di monitoraggio dell’algoritmo di Instagram

Il gruppo di ricerca ha iniziato a raccogliere il suo materiale nel 2020 e le sue conclusioni parziali – comunicate di volta in volta – non erano affatto piaciute ai vertici di Facebook. Sempre in base all’ultimo post che hanno pubblicato sui loro canali, AlgorithmWatch ha ricordato che, ad esempio, potrebbero esserci molti più casi di bullismo sui social network di quelli di cui abbiamo notizia. Del resto, la minaccia di azioni legali da parte della piattaforma social ha fatto desistere i ricercatori.

Nei giorni scorsi, Facebook aveva bannato alcuni studiosi della New York University che avevano raccolto dati sull’odio online attraverso un plug-in simile a quello utilizzato da AlgorithmWatch. Tuttavia, la motivazione fornita dai vertici di Menlo Park – la non corrispondenza di questa attività alle norme sulla raccolta dati della Federal Trade Commission dopo lo scandalo di Cambridge Analytica – non era stata ritenuta sufficiente a giustificare un atto così estremo. Per scopi di ricerca, estranei agli scopi di lucro, i dati potrebbero essere, in teoria, raccolti.

AlgorithmWatch ha tuttavia deciso di bloccare lo stesso la sua attività: nei mesi scorsi, ad esempio, aveva descritto come Instagram premiasse i contenuti multimediali che mostravano pelle nuda o come i volti fossero tenuti molto più in considerazione rispetto ad altre immagini. Le conclusioni di queste ricerche erano sempre state contestate da Facebook.

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