Zuckerberg chiamato a difendersi nel processo collegato a Cambridge Analytica
La decisione è stata comunicata ufficialmente dal procuratore generale di Washington D.C. Karl Racine
21/10/2021 di Redazione
Sembra il frutto di una strana congiuntura astrale. Per quanto Mark Zuckerberg stia cercando di parare i colpi attraverso clamorose iniziative collegate alla sua società – si pensi alla mossa strategica del possibile cambio di nome di Facebook o all’annuncio di 10mila assunzioni per la costruzione del metaverso -, le notizie sul suo conto si accavallano a una velocità impressionante. Così, dopo la whistleblower al Congresso, arriva una bella gatta da pelare anche dalla procura distrettuale di Washington D.C. Nella giornata di ieri, il procuratore generale Karl Racine ha annunciato che il fondatore di Facebook sarà chiamato a difendersi nel processo – iniziato ormai nel 2018 – che riguarda la fuga dei dati degli utenti nell’affare Cambridge Analytica.
LEGGI ANCHE > Analyticaphobia | di David Puente
Zuckerberg e Cambridge Analytica, la mossa del procuratore di Washington D.C.
È la prima volta – secondo gli osservatori del sistema giudiziario statunitense – che il fondatore di Facebook potrebbe trovarsi di fronte a una responsabilità personale in una causa intentata da un ente governativo negli Stati Uniti. Stando alle parole del procuratore di Washington – che per tutta la giornata di ieri ha animato i talk show politici con i suoi interventi – le indagini che sono state condotte da tre anni a questa parte avrebbero dimostrato un coinvolgimento diretto di Zuckerberg nella fuga dei dati.
«Ho appena aggiunto Mark Zuckerberg come imputato nella mia causa contro Facebook – ha scritto il procuratore su Twitter -. La nostra indagine continua ha rivelato che era personalmente coinvolto in decisioni relative a Cambridge Analytica e all’incapacità di Facebook di proteggere i dati degli utenti. Il mio ufficio ha intentato la nostra causa nel 2018 e da allora abbiamo esaminato centinaia di migliaia di pagine di documenti prodotti in contenzioso e completato una vasta gamma di deposizioni, incluse quelle di ex dipendenti e informatori. Questa causa riguarda la protezione dei dati di metà di tutti i residenti del distretto di Washington DC e di decine di milioni di persone in tutto il paese. Abbiamo preso molto sul serio il nostro obbligo di indagare sugli illeciti e Facebook dovrebbe assumersi la responsabilità di proteggere gli utenti altrettanto seriamente».
In un intervento a una trasmissione della CNN, Racine ha spiegato: «La nostra scoperta ha rivelato che, lungi dall’essere un osservatore passivo, il signor Zuckerberg era attivamente impegnato, coinvolto in prima persona nel prendere le decisioni che consentivano ad app di terze parti di fare scraping rispetto ai dati dell’utente».
Lo scandalo di Cambridge Analytica aveva fatto scoprire al mondo intero quanto i dati degli utenti sui social network – ma anche su altre piattaforme – potessero essere raggiungibili anche da operatori di terze parti. Da allora, i casi del genere si sono moltiplicati, le preoccupazioni sono aumentate, ma il sistema di contrasto ad azioni di questo genere sono rimaste identiche. Per questo, l’azione giudiziaria che sta coinvolgendo Zuckerberg potrebbe far tornare d’attualità questo tema.