Quali sono le accuse di Hachette contro Internet Archive

L'azienda fa parte delle quattro case editrice che hanno intentato causa nei confronti della biblioteca digitale no profit per questioni legate al copyright delle copie digitali di alcune opere

22/03/2023 di Redazione Giornalettismo

Tutto è partito dalla pandemia Covid-19 e dall’obiettivo dichiarato di rendere fruibili a più persone (quindi non più una singola consultazione alla volta) diversi libri in formato digitale. L’idea, che rispondeva al nome di National Emergency Library, fu lanciata dalla piattaforma online Internet Archive e ha portato a una causa mossa contro di lei da parte di quattro grandi editori che sostengono che quell’iniziativa violasse i principi alla base della legge sul diritto d’autore, in particolar modo i riferimenti ai contenuti digitalizzati. E tra i grandi accusatori c’è anche Hachette, tra i primi a muovere le accuse contro Internet Archive.

LEGGI ANCHE > Hachette vs Internet Archive: le ragioni dietro l’azione legale per un’iniziativa avviata in pandemia

Come raccontammo nel luglio dello scorso anno, tutto partì dal 2020. Durante i mesi più severi della pandemia, la biblioteca digitale no profit di Internet Archive decise di dare il via libera a un progetto per consentire la libera fruizione simultanea (e non “uno alla volta”) dei titoli digitalizzati presenti nella libreria online. Dunque, un’opportunità per venire incontro a tutte quelle persone che – per via dei vari lockdown sparsi per il mondo – avevano esigenza di consultare un determinato testo, seguendo il principio (questa  la loro linea di difesa, del prestito digitale controllato). Ed è proprio da lì che, tra i quattro editori, è iniziata la battaglia di Hachette contro Internet Archive.

Hachette contro Internet Archive, le motivazioni

Di fatto, questo caso si è trasformato in una class action mossa da Hachette, HarperCollins, John Wiley & Sons e Penguin Random House. Si parla di 127 opere su cui sarebbe stata violata la legge sulla protezione del diritto d’autore. I quattro querelanti, infatti, hanno intentato una causa contro la piattaforma online per «violazione della legge sul copyright e incoraggiamento della pirateria digitale deliberata su scala industriale». Una mossa che sembra andare al di là di quel progetto – durato pochissimo tempo – nato durante la pandemia. Perché, come dichiarato nel giugno del 2020 dalla AAP (Association of American Publisher), l’obiettivo sembra esser quello di mettere una pietra tombale su progetti come quello di Internet Archive:

«La causa chiede alla Corte di inibire la scansione di massa, l’esposizione pubblica e la distribuzione di intere opere letterarie da parte di IA, che offre al pubblico in generale attraverso aziende rivolte a livello globale denominate “Open Library” e “National Emergency Library”, accessibili sia da openlibrary .org e archivio.org. IA ha sfacciatamente riprodotto circa 1,3 milioni di scansioni illegali di libri stampati, tra cui opere recenti, narrativa commerciale e saggistica, thriller e libri per bambini».

Dunque, sul tavolo c’è molto molto più rispetto al caso della National Emergency Library. Perché qualora passasse l’assunto dei querelanti (con tanto di richiesta di sanzione – a titolo di rimborso – pari a circa 19 milioni di dollari), la sussistenza stessa di Internet Archive sarebbe a rischio. L’avvocata Elizabeth McNamara, che cura gli interessi degli editori coinvolti in questa class action, ha spiegato al giudice che si occupa del caso di non voler far cessare l’attività della piattaforma, ma di pretendere che ci siano accordi commerciali per la distribuzione dei libri digitalizzati. Dunque, un pagamento – come accade per le biblioteche che permetto l’accesso agli e-book – per la licenza di prestito di libro, in formato digitale.

«Nessuna legge supporta questa duplicazione e digitalizzazione di massa di milioni di libri da distribuire in tutto il mondo per lo stesso scopo per cui sono stati originariamente pubblicati, cioè per essere letti – ha detto al giudice la legale dei querelanti -. E per una buona ragione: se questa condotta fosse sanzionata, distruggerebbe i diritti e i controlli dei detentori del copyright». 

Ma c’è di più. Perché nella causa di Hachette contro Internet Archive, i quattro querelanti sostengono che non ci possa essere una distinzione tra una CDL (Controlled digital landing, il prestito digitale controllato) e una biblioteca “classica”, perché la legge sul copyright agisce allo stesso modo: sia su un libro “fisico” che su uno digitalizzato. Dunque, per concedere il prestito di un testo, occorre sottoscrivere un contratto di licenza con gli editori che detengono il diritto di autori e pubblicazione di quel determinato libro.

Share this article