Guinea Equatoriale, la capitale cambia per un capriccio del dittatore

19/09/2013 di Mazzetta

LA CACCIA AI SOLDI DEI CORROTTI – Le leggi che hanno inguaiato Teodorin sono state volute per rendere la vita difficile a quanti, dittatori o loro famigli, cercano di riciclare i proventi della corruzione all’estero, pratica assai comune per molti leader politici che cercano riparo per il loro bottino preferibilmente nei paesi più stabili del primo mondo, prendendo casa agli indirizzi più esclusivi, solo quelli più compromessi ripiegano sugli Emirati, vero e proprio paradiso per latitanti d’oro ed esiliati. Leggi che però, è bene ricordarlo, come altre del tipo appaiono applicabili solo ai leader africani, a molestare gli sceicchi del golfo non ci pensa nessuno. Anche la ricchezza degli Obiang deriva dal petrolio, dall’incredibile e recente boom petrolifero che ha investito il paese dal 2000 in poi quando dalle acque del Golfo di Guinea la Exxon ha cominciato a tirar fuori l’oro nero. Obiang ai petrolieri americani ha fatto ponti d’oro, prezzi bassi e massima libertà d’azione, nessuno si è lamentato dell’invadenza dello stato guineano.

IL BOOM PETROLIFERO – Mentre la ricchezza della rendita petrolifera spingeva il reddito medio e il pil del paese ai vertici del continente, è successo però che la distribuzione della ricchezza disposta da Obiang si è fermata soprattutto nelle tasche della sua famiglia. La situazione si è fatta sempre più imbarazzante, perché i guineani sono appena 700.000 e la maggior parte di loro vive nella miseria più nera ancora oggi anche se il reddito medio s’attesta su 23.000 dollari e ne farebbe i paperoni d’Africa, ma anche perché Obiang non ci sente proprio dall’orecchio al quale gli consigliano politiche più generose verso i suoi amministrati/sequestrati.

GENEROSO CON CHI VUOLE – Obiang ha preferito investire pesantemente in PR e in prestigiosi avvocati internazionali per lenire le pene di Teodorin e per rendergli praticabile una discreta parte di mondo dove non correre il rischio di essere arrestato ed estradato al volo in Francia o negli Stati Uniti. Quando invece l’ONU gli ha rinfacciato la presenza di baraccapoli a ridosso della capitale Malabo, ha fatto spianare la baraccopoli con le ruspe, decisamente intrattabile, ma nessuna delle potenze esportatrici di democrazia ha mai pensato di mandare una nave da guerra a sloggiarlo, va bene lì dov’è, fa buoni prezzi a chi non lo disturba con le storie di violazioni dei diritti umani e la corruzione. In fondo è il decano dei leader africani, quello al potere da più a lungo, e nessuno si è lamentato quando ha speso 800 milioni di euro per ospitare il vertice dell’Unione Africana, anche se di là dalla strada rimaneva la miseria più nera.

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