Google ha individuato una serie di standard etici per addestrare l’AI e ora sembra lasciarli da parte
La lotta nell'addestramento dell'AI è serrata e Google compete con OpenAI, Microsoft e altri su questo mercato: c'era da aspettarsi questo ammorbidimento? Probabilmente sì
17/08/2023 di Ilaria Roncone
Partiamo da un presupposto: nel mondo, come abbiamo accennato altre volte egli scorsi mesi, è in corso una gara che vede le grandi aziende coinvolte nella ricerca e nell’ottenimento del risultato migliore per prime nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale. A tal proposito tra le ultime novità (o potenzialmente tali) dell’AI di Google ci troviamo di fronte a quello che potrebbe diventare l’AI Life Coach di Google ovvero, come stiamo raccontando oggi, l’Intelligenza Artificiale a cui chiedere non solo consigli tecnici ma anche consigli di vita, su come comportarsi e su come procedere in determinati ambiti. Consigli che, ora, chiediamo al motore di ricerca trovandoci di fronte a contenuti come “I dieci modi per rifiutare un invito a un matrimonio in modo carino” e che possono essere scritti da psicologi, life coach, giornalisti o anche persone meno esperte.
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Google ha individuato una serie di standard etici (che sta lasciando da parte)
Una recente inchiesta del NYT ha evidenziato – tramite una serie di documenti ottenuti dalla redazione – come Google stia lavorando affinché la sua AI sia in grado di fornire consigli su come comportarsi nella vita. Fornire idee, consigli, pianificare e dare istruzioni negli ambiti più disparati: secondo quanto visionato dal NYT, l’AI di Google potrebbe diventare a tutti gli effetti un tutor. Potrebbe, è doveroso specificarlo, perché tutti questi strumenti sono ancora in fase di valutazione e – in ultima battuta – Google potrebbe decidere di non utilizzarli, considerato che attualmente parliamo di una tecnologia in fase di test.
Nel corso di questi mesi l’attenzione da parte dell’azienda per uno sviluppo etico e accorto di questa tecnologia non sembra essere mancato. La competizione è serrata e tra i primi rivali ci sono ChatGPT di OpenAI oltre a Microsoft. Dalla fine dello scorso anno a oggi la posizione di Google sull’affidare o meno all’AI compiti delicati e che sempre più hanno a che vedere con la sfera emotiva delle persone sembra essersi ammorbidita.
Lo scorso dicembre gli esperti di sicurezza dell’AI di Google avevano messo in fila una serie di punti, mettendo in guardia sui pericoli che un eccessivo legame emotivo che si crea con l’intelligenza artificiale potrebbero nascere. Si è parlato apertamente del rischio di «diminuzione della salute e del benessere» e di «perdita di autonomia» da parte degli utenti che seguono i consigli dell’AI arrivando a pensare che questa tecnologia possa essere senziente. Oltre a questo, era emersa anche preoccupazione – da parte degli esperti – rispetto ai danni economici che l’AI generativa così come sta venendo testate potrebbe creare in ambito lavorativo, in particolar modo con una «dequalificazione degli scrittori creativi».
Google AI Life Coach. C’era da aspettarselo? Probabilmente sì
Come abbiamo imparato fin troppo bene nel mondo basato sul capitalismo, le buone intenzioni e l’etica stanno da una parte del fiume e la competizione e i soldi che derivano dal vincerla si trovano dall’alta. Stare nel mezzo si rivela complicato e, come da prassi, le Big Tech tendono a forzare la mano pur di riuscire a guadagnare anche quando sono messe di fronte a evidenze frutto dello studio di esperti. La storia l’abbiamo già vista.
C’è poi da considerare che, come abbiamo già specificato all’inizio di questo articolo, le persone si rivolgono già a Google in cerca di consigli e l’AI di Google viene addestrato proprio con i miliardi di dati a disposizione dell’azienda che ha creato e gestito il motore di ricerca più famoso al mondo, quello il cui uso è imprescindibile per la stragrande maggioranza delle persone.
Con un patrimonio di dati per il training tale a disposizione sarebbe stato difficile che, a un certo punto, Google non pensasse di sfruttarli in questo modo. Bisogna però tenere presente tutti i problemi che gli esperti hanno già fatto presente all’azienda, a partire dal fatto che non è detto che le persone siano in grado di percepire la differenza tra chiedere a Google e chiedere a un’AI. Proprio a partire dalla profonda comprensione di questa differenza dovremmo iniziare tutti, nel mondo, a pensare non solo ad addestrare i sistemi di Intelligenza Artificiale ma anche ad addestrare la popolazione che – volente o nolente – quei sistemi si troverà a doverli integrare nella vita di tutti i giorni.