Perché l’editoria ha bisogno, sempre più spesso, di un supporto esterno per avviare dei progetti

Nel mondo del giornalismo e dell'editoria si fa sempre più spazio la necessità di nuove forme di finanziamento come il crowdfunding

17/04/2023 di Ilaria Roncone

L’ecosistema “giornalismo ed editoria” è una macchina complessa che, nel corso dei decenni, ha subito moltissimi cambiamenti. Il più recente che ci ha portato a un cambio d’epoca è, senza ombra di dubbio, l’avvento del giornalismo online. Come diceva un celebre sociologo che chiunque studi comunicazione nella sua vita ha studiato lungo il suo percorso, Marshall McLuhan, «il mezzo è il messaggio». Cosa significa? Che il contenuto che ogni giorno veicoliamo facendo giornalismo è costituito anche, in parte, dalla natura del mezzo con cui lo trasmettiamo.

Ecco che, allora, l’avvento del giornalismo online e il quasi totale cambiamento delle carte in tavola ha portato a creare un ecosistema difforme rispetto a prima che vede il denaro girare in maniera molto diversa (e molto minore) laddove prima, quando c’erano solo i cartacei, la vendita pubblicitaria e/o il finanziamento pubblico garantivano prosperità nel mondo dell’editoria.

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I dati del panorama editoriale italiano

Andando a vedere i dati relativi al paywall italiano, appare chiaro che – rispetto a realtà come quella degli Stati Uniti, per esempio – il giornalismo online frutta poco. Il più recente report della Fédération Internationale de la Presse Périodique chiarisce i numeri del paywall in Italia.

Sul podio delle testate italiane troviamo Il Corriere della Sera con 457 mila abbonamenti e La Gazzetta dello Sport con 138 mila utenti abbonati. Ferma a 134 mila abbonati La Repubblica, che nel secondo trimestre del 2021 – periodo al quale risalgono i dati – deteneva la medaglia di bronzo. Quarto posto per Il Post che, secondo le rilevazioni del primo trimestre del 2022, conta 50 mila sottoscrizioni.

Numeri che non hanno niente a che vedere, per esempio, con realtà Usa come il New York Times (8 milioni e 590 mila abbonati), il Wall Street Journal (3 milioni di sottoscrizioni) o il Washington Post (2,5 milioni di abbonati paywall). Andando a calcolare in percentuale, rispetto al numero degli abitanti dei due stati, quante persone sono abbonata alle testate maggiori il risultato è evidente: in proporzione, gli italiani abbonati al Corriere della Sera sono un quarto degli statunitensi abbonati al New York Times.

La gente non si informa più, o meglio, non paga più per informarsi

L’avvento di internet ha fatto sì che l’informazione fosse presente forme sempre più diversificate su più mezzi. Se prima il solo modo per informarsi era legato all’acquisto di giornali in edicola o all’ascolto di un notiziario via radio o – ancora – alla visione di un telegiornale, oggi la situazione è molto diversa.

Esistono le versioni online dei cartaceo, i siti di informazione dei grandi nomi del panorama italiano e – ancora – nuove realtà editoriali legate solamente a internet. Negli ultimi anni sono nate anche realtà editoriali inizialmente legate esclusivamente ai social o che sui social sono rimaste senza uscire da una determinata piattaforma e facendo informazione piegandosi alle regole di quel mezzo.

In molti casi i siti di informazione offrono contenuti gratuiti, in altri seguono il modello paywall. In un mondo in cui, ormai, sono gli algoritmi che decidono di cosa si andrà a parlare la qualità dell’informazione – anche per via dei mezzi attraverso i quali si diffonde, che prediligono l’istantaneità e l’immagine sacrificando il testo scritto e l’approfondimento -, esistono anche aggregatori di notizie che ribattono contenuti a pagamento così come la pirateria.

Non sono pochi gli utenti che, avendo la possibilità di farlo, vanno a fruire di contenuti normalmente a pagamento in maniera del tutto gratuita quindi. Anche il mercato pubblicitario non è più quello di una volta, con meno investimenti nell’ambito dei quotidiani e numeri che sembrano essere incoraggianti – seppure in flessione anche quelli – solo per il comparto digitale.

Ci sono, inoltre, estensioni appositamente create per il blocco della pubblicità e per il filtraggio dei contenuti sui vari browser (in primis AdBlock) a cui alcune testate hanno trovato il modo di porre rimedio – informando l’utente che per accedere a quel contenuto devono disattivare l’estensione – mentre altre no.

Ecco che allora, in un panorama come questo, il valore del crowdfunding cresce – come ci ha spiegato anche il direttore dell’associazione di giornalisti indipendenti Lettera22 – assumendo un nuovo ruolo e un potenziale che è tutto da esplorare.

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