«Nel crowdfunding di ambito editoriale vale molto di più proporre un nuovo prodotto»
Angelo Rindone, CEO di Produzionidalbasso, ha parlato con noi dell'importanza del settore in ambito editoriale
17/04/2023 di Gianmichele Laino
È un dato di fatto. Nell’ultimo periodo, soprattutto grazie all’accessibilità che viene garantita dai nuovi strumenti digitali, il crowdfunding è diventato un sistema estremamente utilizzato dalle varie realtà editoriali: quelle nuove, così come quelle più radicate nell’ecosistema. Da qui, ad esempio, la scelta di Lettera22 di utilizzare proprio il crowdfunding per provare a lanciare un nuovo prodotto, la sua rivista cartacea di giornalismo illustrato. Con Angelo Rindone, CEO di Produzionidalbasso – la piattaforma utilizzata da Lettera 22 per il suo crowdfunding -, abbiamo provato a capire perché il mondo dell’editoria fa sempre più ricorso a questo modello.
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Angelo Rindone e il crowdfunding nel mondo dell’editoria
«Ciò che sicuramente emerge, è che il crowdfunding è uno strumento interessante per testare delle strade editoriali, per testare dei modelli di sostenibilità, per attivare delle comunità di persone interessate a determinati contenuti – ci spiega Angelo Rindone -. Non è solamente il denaro (che resta comunque una leva importante), ma è soprattutto questa possibilità di sperimentare e di entrare in contatto con delle comunità. Niente di nuovo sotto al sole: trovo naturale che case editrici, redazioni, giornalisti utilizzino questo strumento proprio in questo modo».
Ma il crowdfunding si può inserire nel business plan come un qualcosa su cui poter sempre contare, oppure è un qualcosa che vale una sola volta? L’occhio esperto di Angelo Rindone che – per il mondo dell’editoria – ha osservato diverse campagne (sulle nostre colonne abbiamo parlato, ad esempio, di quella legata alla digitalizzazione dell’archivio di Gianni Minà, ma anche di quella che ha portato all’evento Pace Proibita di Michele Santoro, nel maggio del 2022), ci spiega questo concetto: «Tendenzialmente, il crowdfunding è un elemento di partenza, l’accensione di una iniziativa o di uno spin-off. Poi, da qui, si cercano altre strade, anche perché il crowdfunding è abbastanza energivoro dal punto di vista della comunicazione e di tutte le azioni che sono necessarie a portarlo avanti. Tuttavia, ci sono degli esempi e dei casi studio in cui il crowdfunding può essere strutturale, una sorta di modello di sostenibilità, sia per la community, sia per gli sponsor. Quando il crowdfunding diventa un modello, forse è ancora più prezioso: si costruiscono nel tempo dei legami che, praticamente, lo trasformano in una sorta di campagna abbonamenti».
Nella fattispecie, Lettera22 sta provando a proporre qualcosa che non c’era e sta cercando di tastare il polso del pubblico per capire se tutto ciò che sta proponendo può essere effettivamente applicabile al mercato: «Dal punto di vista di Produzionidalbasso – dice Rindone -, notiamo che Lettera22 sta utilizzando il crowdfunding per avviare un prodotto nuovo rispetto a quella che è la loro attività di base. Un prodotto di carta, che rappresenta già di per sé una sfida nel 2023, un prodotto di giornalismo narrativo, con una grammatica innovativa: diventa molto interessante seguire l’esito di questo progetto. È un esperimento editoriale e in questi casi il crowdfunding assume una doppia forma: da una parte c’è il test sul prodotto, c’è il misurare le aspettative del pubblico, una sorta di ricerca di mercato; dall’altra parte, si sta cercando di sfruttare questa campagna di sostegno al nuovo progetto editoriale come una sorta di campagna di pre-ordine, di costruirsi una base di lettori per un nuovo prodotto».
Sicuramente un progetto nuovo attira di più l’utente di una piattaforma di crowdfunding, rispetto a un progetto già ampiamente radicato nell’ecosistema che si rivolge alla community per chiedere un supporto alla sua normale attività: «Un’idea nuova, un prodotto che non c’era e che ha degli elementi di innovazione di linguaggio sicuramente è un buon punto di partenza per una bella campagna di raccolta fondi, ma anche per una bella campagna di racconto. In questi casi, il crowdfunding è più adatto: si esce dal concetto di fundraising tradizionale e si entra in quello di produrre insieme delle cose nuove. È sicuramente molto più affascinante».
Ovviamente, però, il crowdfunding non vale soltanto per l’ambito editoriale. Il terzo settore, il mondo dell’innovazione e tanti altri ambiti utilizzano questo strumento. In chiusura, abbiamo cercato di capire se questo strumento assume una sfumatura particolare in ambito editoriale, visto il continuo ricorso a queste piattaforme: «La caratteristica principale del crowdfunding in ambito editoriale – conclude Rindone – è quella della proposta di un settore che sta cercando ancora, anche in maniera sperimentale, dei nuovi modelli di sostenibilità. In un mondo fortemente in crisi – sia nei piccoli editori, sia nelle grandi testate giornalistiche -, ci sono una serie di esperimenti (dalle newsletter, ai podcast, passando per i paywall). Il fatto di usare il crowdfunding è un altro elemento di avanguardia. Il problema è che non rappresenta una risposta univoca: ci sono delle realtà che possono trovare una strada, perché magari hanno una storia, hanno un determinato tipo di pubblico, e altre che invece non riusciranno a ripetere quello stesso modello. Gli esperimenti di questo tipo, spesso, sono unici».