Gettr, il Twitter “di destra” che soffrirà la concorrenza del social network di Trump

Si tratta di una piattaforma, in verità molto simile a Twitter, che è stata lanciata dall'ex portavoce di Trump Jason Miller

07/01/2022 di Gianmichele Laino

In questi giorni, le vicende che hanno colpito la deputata statunitense Marjorie Taylor Greene e, soprattutto, la scelta del podcaster Joe Rogan di utilizzarla come proprio social network di riferimento, hanno fatto scoprire al mondo intero l’esistenza – altrimenti passata sotto traccia – di Gettr, il social media di riferimento della destra conservatrice americana. È stato un tentativo à la Parler (affossato dalle proteste dello scorso anno a Capitol Hill, dopo che Amazon Web Services aveva deciso di staccare unilateralmente i propri servizi, in seguito a violazione degli standard dell’azienda di cloud computing): un nuovo social network dove potessero avere spazio tutti coloro che si identificano con una visione sovranista, spesso complottista rispetto all’attuale sistema, scettica nei confronti delle vaccinazioni e del cambiamento climatico. Mentre Parler aveva raccolto una vasta utenza in tutto il mondo, Gettr sembra ancora limitato ai confini statunitensi. 

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Gettr è il social network di destra che sta cercando spazio

La piattaforma è stata lanciata nel mese di luglio 2021 da Jason Miller, ex portavoce di Donald Trump alla Casa Bianca. Il suo logo è a metà tra la rappresentazione stilizzata della capigliatura dell’ex presidente degli Stati Uniti e quella del classico uccellino di Twitter. L’interfaccia è del tutto simile a quella di Twitter, con icone molto vicine a quelle utilizzate da Parler. Non c’è molto di più da dire rispetto al meccanismo di funzionamento: ricorda troppo da vicino esperimenti già tentati o piattaforme attive per conto loro. E non sembra far breccia in un’utenza internazionale.

Si pensi a Parler: la piattaforma aveva conquistato un vastissimo pubblico a causa della sua verticalità. Lì si trovavano idee molto vicine a QAnon o ad altre teorie del complotto, senza alcuna censura. C’era spazio – c’è stato spazio – anche per idee di estrema destra (anche italiane) e per politici che cercavano visibilità nell’elettorato più conservatore. Anche alcuni politici italiani avevano deciso di sbarcare su Parler e ci aveva pensato anche Matteo Salvini, poco prima che il social network andasse in down a causa del contenzioso con AWS.

Le differenze tra Gettr e gli altri social di destra

Su Gettr, invece, la politica italiana al momento non trova spazio. Sono molto pochi gli account in lingua italiana e quelli che li seguono mostrano simboli inequivocabili (si pensi ai V_V, un gruppo che ultimamente si è fatto notare per le sue azioni coordinate contro chiunque cerchi di evidenziare l’importanza della vaccinazione). Secondo il board di Gettr, sul social interagiscono alcuni milioni di iscritti. E il booster ci sarebbe stato proprio nell’ultimo periodo, con l’iscrizione della deputata bannata da Twitter Marjorie Taylor Greene e del podcaster Joe Rogan (che da solo ha 8,9 milioni di followers dichiarati su Gettr). Insomma, il vero modo di mettersi in evidenza.

Manca però un accordo, quello forse fondamentale per la sopravvivenza della piattaforma, quello con Donald Trump. Il suo ex portavoce aveva offerto più volte all’ex presidente di essere la star incontrastata di Gettr. Ma l’ex inquilino della Casa Bianca ha deciso di fare le cose da solo. Abbiamo già parlato del suo tentativo di mettersi in proprio nel settore dei social network e di fare il Mark Zuckerberg de noantri grazie a The Truth Social, la cui versione beta è già stata rilasciata. Secondo le ultime indiscrezioni, lo start ufficiale della piattaforma di proprietà di Trump avverrà il prossimo 21 febbraio. A quel punto si capirà se Gettr avrà ancora ragione d’esistere, se la sua audience si sposterà in massa verso la nuova creatura dell’ex presidente americano o se le due piattaforme potranno convivere, in una sorta di network alternativo dove – in base alle premesse – la disinformazione potrebbe avere lo stesso spazio dell’informazione. Si verrebbero a creare due universi paralleli: e chi ci pensa alla sostenibilità dell’ecosistema delle notizie?

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