Fondazione Gimbe: «Se le regioni continueranno a fare pochi tamponi, l’app Immuni sarà scatola vuota»

Il monitoraggio costante della gestione dei dati sul coronavirus è sempre stato il pilastro sui cui si è basata la Fondazione Gimbe che, spesso, ha espresso punti di vista critici su quanto accaduto in termini di comunicazione dei numeri sull’epidemia e in merito alle strategie scelte per fronteggiare l’emergenza Covid-19. Il presidente Nino Cartabellotta, nell’ultimo periodo, ha focalizzato l’attenzione sulla situazione in Lombardia e in altre regioni italiane e, inoltre, sulla scarsa chiarezza nella comunicazione dei dati, su vere e proprie distorsioni delle tabelle relative alle curve dei contagi.

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La Fondazione Gimbe a Giornalettismo su tamponi, test sierologici e app Immuni

Ai microfoni di Giornalettismo ha affrontato anche altre tematiche, dal momento che ormai – con la prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del prossimo dpcm – siamo entrati nella Fase 3 della gestione dell’emergenza. Dal punto di vista dei dati non ci arriviamo benissimo, c’è da dire. Prima abbiamo affrontato il problema del conteggio dei guariti, poi la questione del virus “clinicamente scomparso”, poi le polemiche sugli asintomatici dovuta anche alla comunicazione dell’Oms. Come si spiegano queste discrepanze nella comunicazione?

«Esistono due ordini di problemi, quello del conteggio dei guariti riguarda la trasparenza e la consistenza dei dati trasmessi dalle Regioni a livello centrale – ha sottolineato Nino Cartabellotta ai microfoni di Giornalettismo -: la mancata uniformità dei flussi informativi è un problema ancora irrisolto. Purtroppo, a quasi 4 mesi dallo scoppio della pandemia non esiste un sistema informativo univoco per l’invio dei dati da parte delle Regioni. Il secondo problema riguarda invece ricercatori, medici e scienziati chiamati a comunicare al grande pubblico, che in questa fase dell’epidemia e a fronte delle incertezze della scienza, hanno enormi responsabilità: alzare i toni, sbandierando esperienza clinica o risultati di studi preliminari, aumenta il disaccordo tra esperti, disorienta la popolazione e rischia di generare pericolose fake news».

La teoria delle 3T (testare, trattare e tracciare) doveva essere il vero e proprio faro nella gestione della pandemia. Invece, qualcosa non si sta muovendo nella corretta direzione. Si pensi anche all’elevata percentuale di persone che stanno rinunciando al test sierologico gratuito (il governo ne aveva previsti 150mila) somministrato dalla Croce Rossa: «Le analisi della Fondazione GIMBE – ha detto Cartabellotta – dimostrano inequivocabilmente che l’attività di testing finalizzata all’identificazione dei nuovi casi, alla tracciatura dei contatti e a loro isolamento continua a non essere una priorità per molte Regioni. Purtroppo, nella gestione di questa fase dell’epidemia, in particolare dove la diffusione del virus non sembra dare tregua, la strategia delle 3T non è affatto adeguata. Per quanto riguarda l’indagine sieroepidemiologica, al di là del notevole ritardo nell’avvio, le resistenze dei cittadini credo siano principalmente imputabili alla mancanza di una corretta e chiara campagna di informazione: cosa accade se risulto positivo agli anticorpi? Mi viene garantito il tampone? Entro quanto tempo? Nel frattempo devo rimanere in quarantena? Ecco, in assenza di chiare risposte a queste lecite domande, temo che i cittadini non si convinceranno facilmente a partecipare».

L’app Immuni doveva essere il vero strumento di svolta. Invece, non sembra esserci una percentuale sufficiente di download per far sì che questa possa essere davvero efficace nel tracciamento: «La app Immuni – chiarisce Cartabellotta – si rivelerà utile solo se impiegata da almeno il 60-70% della popolazione, obiettivo che al momento sembra ancora piuttosto lontano. Ma soprattutto si tratta di una tecnologia “tampone-dipendente”: se le Regioni hanno preso la strada di fare sempre meno tamponi diagnostici, rimarrà inevitabilmente una scatola vuota, al di là di quanti cittadini sceglieranno di utilizzarla. Senza contare che, una volta identificato il contatto, i servizi epidemiologici devono essere adeguatamente organizzati per garantirne tracciatura e isolamento».

Fondazione Gimbe: «Difficile stimare in termini quantitativi l’impatto delle mancate zone rosse ad Alzano e Nembro»

Ma l’argomento del giorno è senza dubbio l’indagine della procura di Bergamo in merito alla decisione di non istituire la zona rossa nei comuni di Alzano e Nembro. Quanto ha pesato davvero questo mancato provvedimento nella successiva diffusione dell’epidemia? «Difficile – conclude Cartabellotta – stimare in termini quantitativi l’impatto di una mancata decisione. Purtroppo ancora una volta la legislazione concorrente tra Governo-Regioni sulla tutela della salute dimostra tutti i suoi limiti con episodi che arrivano sino alla Corte Costituzionale. Non avendo il Governo avocato a sé i poteri sostitutivi concessi dall’art. 120 della Costituzione, né fatto appello alla lettera q) dell’art. 117, nella gestione della pandemia la “leale collaborazione” tra Governo e Regioni non sempre ha avuto la meglio sul conflitto di competenze e responsabilità».

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