Facebook in Etiopia è accusato di non fare nulla per arginare l’incitamento ai massacri etnici
Facebook in Etiopia non starebbe facendo abbastanza per moderare contenuti di incitamento all'odio etnico che porta alla morte delle persone
21/02/2022 di Ilaria Roncone
Il cerchio si stringe sempre di più attorno a Facebook e alle sue politiche, comprese quelle che riguardano gli incitamenti ai massacri etnici in Etiopia che verrebbero lasciati proliferare sul social. A indagare sulla situazione sono stati il Bureau of Investigative Journalism (TBIJ) e l’Observer che, tramite il loro report, hanno scoperchiato un altro dei vasi di pandora, stavolta quello di Facebook in Etiopia. In particolare, dall’analisi emerge come Facebook stia ancora permettendo agli utenti di pubblicare contenuti che incitano alla violenza attraverso odio e disinformazione essendo pienamente consapevole degli effetti, che vanno ad alimentare le tensioni.
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Facebook in Etiopia non fa abbastanza per moderare i contenuti di odio
I risultati di questa indagine arrivano anche dalle interviste fatte ai parenti di quelli che, a causa di post di odio su Facebook, sarebbero morti. Un membro di rilievo dei media etiopi ha parlato di Facebook che «sta a guardare mentre il paese cade a pezzi». La piattaforma, che non è la prima volta che viene accusata di lasciare esistere l’odio legate alle persecuzioni etniche (si veda il caso del Myanmar), sta lavorando per ripulire la sua reputazione sempre più compromessa a partire dalle prime rivelazioni fatte dalla whistleblower Frances Haugen.
Anche un numero consistente di attivisti, fact-checkers e organizzazioni sono state chiamate in causa e tutte concordano sul fatto che l’azione di Facebook contro l’odio in questi ambiti è molto meno di quella che servirebbe. In merito alle richieste di assistenza per questioni del genere, molti hanno detto che le loro segnalazioni sono state ignorate o non sono mai sfociate in nulla di concreto.
Perché la situazione degenere e il ruolo di Facebook è fondamentale?
In Etiopia, paese in cui la scolarizzazione è bassa – come ha sottolineato Rehobot Ayalew, dell’iniziativa etiope di factchecking HaqCheck parlando con il Guardian – «Facebook è considerato credibile». Coi conflitti in corsi in Etiopia la situazione vede migliaia di persone morte, milioni sfollate e combattimenti tra le forze governative e i gruppi di opposizione della regione del Tigray cominciati alla fine del 2020. In questo contesto, «ci si imbatte in immagini su Facebook che sono contenuto orribili e pieni di odio e non c’è supporto da parte della piattaforma stessa, che permette a questi contenuto di esistere. Possono fare di più ma non stanno facendo nulla».
Meta, dal canto suo, ha rigettato tutte le accuse dicendo di avere «investito in misure di sicurezza» per affrontare l’odio e il linguaggio infiammatorio insieme a «misure aggressive per fermare la diffusione della disinformazione» in Etiopia.