Come si articolerà la lotta alle fake news del Digital Media Observatory dell’UE

Il progetto vede coinvolti l'università LUISS, Rai, Gruppo Gedi e Pagella Politica

21/09/2021 di Redazione

Un consorzio europeo contro le fake news, che prende in considerazione alcune realtà più attive del giornalismo italiano e unisce le loro forze per contrastare il fenomeno. L’Università Luiss, Rai, il gruppo Gedi, l’Università di Tor Vergata, T6 Ecosystems, Newsguard e Pagella Politica si sono aggiudicati un bando per l’istituzione dell’Italian Digital Observatory dell’Unione Europea. L’obiettivo è quello di creare un progetto organico che possa combattere le fake news e che possa ripulire l’ecosistema mediatico italiano.

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Digital Observatory, gli attori coinvolti

Gli attori coinvolti, da Rai al Gruppo Gedi, passando per il mondo della formazione giornalistica che orbita intorno alle università e ai master di giornalismo riconosciuti dall’Ordine, collaboreranno al fine di monitorare lo stato dell’informazione italiana. Importante sarà il ruolo di Pagella Politica che, nei 30 mesi del progetto, produrrà dei rapporti bimestrali che possano tener conto dei trend della disinformazione online. 

La presentazione del consorzio che si è aggiudicato il bando ha visto gli interventi – tra le personalità politiche – del commissario europeo Paolo Gentiloni, del ministro degli Esteri Luigi Di Maio e del sottosegretario con delega all’editoria Giuseppe Moles. Sfide da affrontare in questo campo ce ne sono di diverse. Occorrerà valutare come il consorzio opererà e quale sarà la sua sfera di intervento.

Il fenomeno delle fake news, soprattutto in un momento storico come questo, causa senza dubbio disorientamento nel lettore che, tuttavia, appare distante rispetto ai media coinvolti in questo progetto. I social network, a prescindere dalla tipologia di informazioni diffuse dalla stampa dei professionisti, restano un terreno ancora troppo ampio e con una legislazione troppo lacunosa per poter essere analizzati – per quanto riguarda la disinformazione che circola al loro interno – in maniera organica e capillare. Il rischio è sempre quello di farsi sfuggire il comportamento dell’utente medio che, ormai, tende a dare più credito a un audio diffuso su WhatsApp (quello che la vicepresidente della Luiss Paola Severino ha definito «la grande massa di notizie che non hanno né un padre, né una madre») che a un report o a un articolo scritto dai professionisti dell’informazione.

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