Il fact checking su Draghi che definisce errore «vaccinare uno psicologo 35enne»

L'articolo 4 del decreto legge 1 aprile 2021 non era un pesce d'aprile

09/04/2021 di Gianmichele Laino

Nel corso degli ultimi mesi, da quando Mario Draghi è diventato presidente del Consiglio, c’è stata molta attenzione ai suoi interventi pubblici, dal momento che sono piuttosto rari e sapientemente distribuiti nel tempo. Tuttavia, quando si è provato a fare il fact checking su alcune sue dichiarazioni (si ricordi, ad esempio, il lavoro fatto da Pagella Politica all’indomani della conferenza stampa sulla questione Ema-AstraZeneca) c’è stata una strana levata di scudi nei confronti di chi – come ha sempre fatto – ha analizzato le dichiarazioni degli uomini delle istituzioni alla luce dei fatti. Anche il passaggio di ieri di Draghi sugli psicologi 35enni rientra tra quelli che vanno analizzati con la lente d’ingrandimento del fact-checking.

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Draghi sugli psicologi 35enni e il decreto legge del 1° aprile

Occorre subito evidenziare che, essendosi probabilmente accorto di aver utilizzato una espressione un po’ troppo tranchant, Mario Draghi ha precisato di aver fatto semplicemente un esempio e di non mettere una precisa categoria nel mirino della sua critica. Inizialmente, infatti, il presidente del Consiglio si era chiesto, con una frase un po’ più generica: «Con che coscienza la gente salta la fila?». Il passaggio sugli psicologi 35enni è arrivato successivamente.

Accostare gli psicologi 35enni alle persone che saltano la fila per fare il vaccino è scorretto. Banalmente perché gli psicologi di quell’età non hanno saltato una fila. Un decreto legge del 1° aprile 2021 (il n.44 contenente Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19, in materia di vaccinazioni anti Sars-Cov-2, di giustizia e di concorsi pubblici) prevede uno specifico passaggio sul tema all’articolo 4.

«Gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano».

L’equiparazione degli psicologi a professione sanitaria non è una soluzione recente. Nel 2017, il DDL Lorenzin, poi convertito in legge, fa questo riferimento:

«La professione di psicologo di cui alla presente legge è ricompresa tra le professioni sanitarie di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, ratificato dalla legge 17 aprile 1956, n. 561».

Dunque non c’è alcun motivo per non ritenere lo psicologo una professione sanitaria, così come la possibilità di accedere alle vaccinazioni per questa categoria è stata data dallo stesso governo presieduto da Mario Draghi con apposito decreto legge firmato il 1° aprile 2021 ed entrato in Gazzetta Ufficiale. L’analisi ci porta a concludere, senza dubbio, che il riferimento fatto dal presidente del Consiglio alla professione degli psicologi non era calzante e non era utile al concetto che avrebbe voluto esprimere.

foto IPP/imagostock

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