Perché siamo tristi quando guardiamo le gioiose Instagram Stories degli altri
L'intervista a Larry Rosen, professore presso il dipartimento di psicologia dell'Università della California
06/12/2020 di Gianmichele Laino
È capitato a tutti. Sfogliare le IG Stories degli influencer in vacanza, con case bellissime, che vanno a cena in ristoranti stellati e avvertire, contemporaneamente, quel senso di profonda inadeguatezza, privazione, frustrazione. È la teoria del confronto sociale: un social network come Instagram non fa altro che acuirla. Anzi, probabilmente, la mette alla base del suo successo: vogliamo entrare nelle case di chi conduce una vita diversa dalla nostra, per sognarla e invidiarla. Ma qual è la conseguenza di tutto questo? Ne abbiamo parlato con Larry Rosen, professore del dipartimento di psicologia presso l’Università della California. Anche lui è una delle personalità del mondo accademico che ha partecipato, all’esterno del documentario, a una serie di incontri che il team di The Social Dilemma ha realizzato dopo la sua uscita.
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L’uso dei social network da parte della Generazione Z
«Lo vediamo costantemente – dice Larry Rosen a Giornalettismo -, c’è una tecnologia buona e una cattiva, anche all’interno dei social media. Chi ha uno scarso funzionamento esecutivo (dal punto di vista di memoria, attenzione, impulsività, capacità di essere multitasking) ha un maggior utilizzo dei social media e offre delle performance accademiche più scarse. Lo stesso vale per la cosiddetta ‘ansia tecnologica’, denominata anche nomophobia o FOMO. I social network, da questo punto di vista, sono un mediatore molto potente».
Questo impatto è molto visibile sulla Generazione Z. Bisognerebbe trovare un modo per convincerli che un utilizzo totale dei social network, alla lunga, risulta effettivamente deleterio: «I genitori – risponde Larry Rose – consentono ai figli di utilizzare tecnologia e social network senza una adeguata supervisione. Con tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione, questo utilizzo multiplo crea sin troppi problemi. Bisognerebbe prendersi una pausa dall’utilizzo dei social dopo un’ora, per evitare che le sostanze chimiche che li invitano a rimanere in questi ambienti escano dai loro cervelli. Inoltre, i giovani sono più sensibili alle strategie dei social network che li spingono a restare più tempo all’interno delle loro piattaforme: questo aspetto andrebbe regolamentato».
Deficit attenzione e social, le possibili conseguenze
La superficialità sembra essere una diretta conseguenza di tutto ciò, soprattutto nelle nuove generazioni: «Osserviamo – spiega il docente – alcuni giovani interagire su 5-6 canali social diversi. È normale che, per stare al passo su tutti questi siti, ci siano problemi di attenzione in altri campi della loro esperienza di vita». E, a volte, i social network diventano una vera e propria ossessione: «Siamo costantemente bombardati da due sistemi chimici: il sistema dopamenergico e il sistema dell’ansia. Il primo favorisce la dipendenza, il secondo l’ossessione. Tutto ciò non fa affatto bene alla nostra salute».