C’è un decreto che cambierà il modo di fare marketing degli influencer e limiterà le recensioni false

Tra gli altri provvedimenti previsti al suo interno, anche quello di vietare le clausole di manleva nei contratti per i servizi digitali, che possono essere impugnate anche dai non abbonati

13/03/2023 di Gianmichele Laino

Con la consueta “comodità” che caratterizza l’iter legislativo italiano quando si tratta di recepire una direttiva europea, pare che i tempi siano maturi per quello che è già stato ribattezzato “decreto influencer“, diretta filiazione della Direttiva UE 2019/2161, che prevede delle pratiche particolari sia per quanto riguarda la pubblicità ingannevole che viene diffusa attraverso i social network, sia per quanto riguarda il mare magnum delle recensioni false. Il decreto è stato licenziato, in bozza, nel consiglio dei ministri già alla fine del mese di febbraio. Se ne parla ora, a metà marzo, perché è attesa nelle prossime ore la pubblicazione del testo definitivo all’interno della Gazzetta Ufficiale (dove, al momento, sono presenti esclusivamente delle linee guida che hanno animato la stesura del testo all’indomani dell’approvazione della direttiva stessa in ambito europeo). Tuttavia, ci sono degli elementi importanti, che sono destinati a cambiare il modus operandi non soltanto dei personaggi più influenti dei social network, ma anche di alcune delle principali piattaforme che offrono servizi digitali. 

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Decreto influencer, cosa prevede e perché non va sottovalutato dagli addetti ai lavori

La cornice normativa, ovviamente, è molto più ampia. Si tratta, infatti, del recepimento di una normativa omnibus dell’Unione Europea che riguarda, in generale, i diritti dei lavoratori. Tra questi, ovviamente, devono essere presi in considerazione anche quelli che discendono direttamente dall’utilizzo delle grandi piattaforme del web, compresi i social network, che sono diventati dei veri e propri luoghi virtuali di scambio di informazioni e di servizi. È prassi ormai ben radicata, anche nella nostra economia, quella di rivolgersi a influencer per motivi legati al marketing, così come è sempre più spesso rilevato che recensioni e commenti lasciati da utenti comuni del web possano contribuire a influenzare il mercato. Inoltre, all’interno di questo decreto (quantomeno nelle bozze che stanno circolando in queste ore, una di queste trasmessa anche in commissione al Senato per una analisi), sono previsti anche dei prodromi per poter considerare, effettivamente, il dato personale dell’utente come merce di scambio monetizzabile dalle grandi piattaforme.

I grandi temi affrontati dal decreto

Vediamo, tuttavia, i passaggi che riguardano il digitale, singolarmente: questi ultimi saranno poi analizzati in maniera più approfondita in altri articoli del numero monografico di Giornalettismo nella giornata del 13 marzo. Sono principalmente raggruppabili in tre fattispecie: la pubblicità ingannevole che passa attraverso gli influencer, il grande tema delle recensioni false e le clausole di manleva che sono presenti nei contratti per utilizzare i servizi digitali. Attualmente, ad esempio, è sempre più facile nascondere – in un contenuto realizzato dagli influencer – dei messaggi pubblicitari occulti che, se rivolti a minori, sono sanzionabili in maniera molto più severa del minimo previsto (e le multe possono arrivare fino a 50mila euro). Così come è noto, spesso, che ristoranti, alberghi, ma anche prodotti in vendita sulle piattaforme di e-commerce, possano essere corredati da recensioni false sulle pagine web a loro dedicate, sia per magnificare un prodotto/servizio che in realtà è più scadente, sia per denigrare un prodotto/servizio che in realtà non è affatto scadente. Pratiche di concorrenza sleale, ai tempi del web dell’intelligenza artificiale.

Infine, il tema del dato. Sulle clausole di manleva c’è un importante provvedimento che tenderà a renderle impugnabili anche dai non abbonati a un servizio. Il passaggio fondamentale è che, anche se non viene corrisposto un abbonamento in denaro, il solo accesso alla piattaforma (con la trasmissione di una serie di dati personali) rappresenta già una merce di scambio che mette l’utente nelle condizioni di poter accampare un diritto nei confronti delle piattaforme digitali.

L’attesa, ora, è tutta per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il decreto, che recepisce già le linee guida pubblicate nello stesso documento dello Stato all’indomani dell’approvazione della direttiva UE “omnibus”, conterrà delle linee di condotta ad hoc che, successivamente alla pubblicazione, saranno automaticamente attive dopo 90 giorni di vacatio legis. Ovviamente, si tratta di emendamenti, modifiche e integrazioni a leggi dello Stato sulla concorrenza che già esistono e che devono essere adattate alle nuove tecnologie che nel frattempo sono state implementate. Non è detto che ulteriori modifiche, dopo passaggi parlamentari, possano intervenire nuovamente a cambiare le carte in tavola. Sarà importante, a questo proposito, non piegarsi alle esigenze delle lobby legate alle piattaforme del digitale che hanno spesso agganci importanti tra i legislatori.

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