La Russia ha “ingaggiato” hacker per cercare prove dei crimini di guerra commessi in Ucraina?

La notizia è stata riportata dalla Reuters. Alcuni documenti mostrano come la strategia di Mosca sulla cyberwar sia cambiata, modificando gli obiettivi

26/09/2023 di Enzo Boldi

Una cyberwar è, per sua natura, ibrida. Non segue dinamiche precostituite e vede il suo mirino spostarsi da un obiettivo all’altro, con fasi che si alternano in base alle necessità. Nel corso dei 579 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il conflitto ci ha – purtroppo – raccontato di feroci e brutali scontri armati, attacchi missilistici, avanzamenti e parziali ritirate da diverse località. Ancor prima della fase armata, però, i due Paesi si sono scontrati dal punto di vista “informatico” con hacker che hanno preso di mira diversi bersagli. Si era partiti con le infrastrutture necessarie all’erogazione dei più basilari servizi (condotte idriche e centrali elettriche, per esempio), ma oggi ci troviamo di fronte a un cambio di paradigma, con i pirati informatici assoldati dal Cremlino (attraverso i servizi segreti) che sarebbero alla ricerca delle prove dei crimini di guerra commessi dai russi in diverse città ucraine.

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A riportare la notizia è stata la Reuters che ha letto in anteprima un report del SSSCIP (Servizio statale per le comunicazioni speciali e la protezione delle informazioni dell’Ucraina, ovvero chi tutela la difesa informatica del Paese) in cui si analizza proprio questo cambio di “obiettivi” da parte di attori esterni (pirati informatici). Attenzione, però: gli attacchi alle infrastrutture sono proseguiti, ma nelle ultime settimane sono cresciuti a dismisura gli attacchi ai sistemi informatici delle forze dell’ordine ucraine, del procuratore generale e di tutti quei dipartimenti che si stanno occupando di raccogliere le prove dei crimini di guerra commessi dai militari russi in Ucraina.

«Questo spostamento verso i tribunali, i pubblici ministeri e le forze dell’ordine dimostra che gli hacker stanno raccogliendo prove sui crimini di guerra russi in Ucraina».

Le parole di Yurii Shchyhol, numero uno del SSSCIP, alla Reuters indicano questo cambio di direzione. Una evidenza che sarebbe confermata anche da un altro episodio accaduto la scorsa settimana, quando i sistemi informatici della Corte Penale Internazionale dell’Aia sono finiti sotto attacco. Si tratta dell’istituzione che indaga proprio sui crimini di guerra e che nel marzo scorso aveva emesso un mandato di arresto nei confronti del Presidente della Federazione Russa – Vladimir Putin – con l’accusa di essere il responsabile della deportazione illegale di bambini ucraini.

Crimini di guerra, gli hacker russi alla ricerca di prove

Giornalettismo, nel monografico di oggi, proverà a raccontare questo cambio di paradigma della cyberwar tra Russia e Ucraina. Una guerra che si muove parallelamente a quella sul campo. E proprio dal report dello SSSCIP emerge un altro dettaglio: i pirati informatici assoldati dai servizi segreti di Mosca, non starebbero solamente cercando prove dei crimini di guerra, ma starebbero anche cercando di reperire informazioni sensibili per “aiutare” cittadini e militari russi arrestati e detenuti in Ucraina. Non più, dunque, centrali elettriche. O, almeno, non solo. Ma che senso ha andare alla ricerca delle prove sui crimini di guerra?

Improbabile che si tratti di un tentativo di “rubare” dati e farli sparire dai sistemi informatici. Vista la mole di documenti, alcuni dei quali già inviati alle istituzioni internazionali predisposte all’analisi e al giudizio, la cancellazione di quelle fonti non sembra essere una strada perseguibile. Più verosimilmente, il tema è molto più sottile: essere a conoscenza delle carte nelle mani del “nemico” può permettere ai russi di esser pronti a una strategia di difesa in caso di processo.

(foto IPP/Carol Guzyy/zumapress)

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