I dubbi di Tim su Dazn e il gioco del cerino con Sky e Amazon
Il fatto che la partnership tra Dazn e Tim sia stata messa in discussione è ormai noto. Ma come si risolverà la questione?
03/06/2022 di Gianmichele Laino
In principio furono 840 milioni di euro l’anno. La cifra è quella che, a suo tempo, Dazn e Tim stanziarono per assicurarsi la trasmissione in esclusiva delle partite di Serie A per il triennio 2021-2024. Una cifra che rappresentò anche un importante impegno economico per tutti. E che, a lungo andare, si è dimostrata difficilmente sostenibile per due problemi: le diatribe sulla misurazione dell’audience con il relativo maggiore sospetto degli investitori pubblicitari e, soprattutto, la condivisione degli account, quel meccanismo di concurrency che ha fatto fermare a 2 milioni il numero di abbonati complessivi in Italia a Dazn. E Tim, che aveva pensato, attraverso la partnership, di cavalcare l’onda di popolarità del gioco del calcio per fare un balzo in avanti negli abbonamenti, ha dovuto constatare come il progetto non sia andato in porto. Per questo, in uno scontro Dazn-Tim che stiamo cercando di raccontarvi da diverso tempo, da quando Tim ha cambiato la sua governance interna, sta cercando di rinegoziare i termini dell’accordo di partnership con Dazn. Che ora sono messi in discussione e sono stati esposti in vetrina per passanti più o meno interessati: Amazon e Sky.
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Scontro Dazn-Tim, alla finestra ci sono Sky e Amazon
La rivoluzione del calcio in streaming è un elemento – lo avevamo detto – di modernità. Ormai tutti i media – anche quelli di medie dimensioni – stanno cercando di battere la strada degli OTT per la distribuzione dei propri contenuti. È un dato di fatto che è impossibile da arrestare: più un contenuto è esclusivo, maggiore sarà la tendenza a utilizzare delle proprie piattaforme per distribuirlo. Senza dipendere da fattori esterni. È il modello Netflix che si sta applicando un po’ a qualsiasi cosa, a maggior ragione agli eventi sportivi.
Tuttavia, la Serie A (e la cultura della fruizione del contenuto in Italia) non si sono dimostrati prontri per accogliere un’infrastruttura che Dazn aveva messo in piedi seguendo tutti i to do che queste aziende hanno a disposizione in questo momento storico, soprattutto a livello di tecnologie. I problemi sono stati, dunque, l’ancoraggio a sistemi di misurazione più confacenti a broadcast tradizionali (con conseguenze sulla pubblicità) e il fatto di dover condividere per forza di cose con più persone un abbonamento che, rispetto al passato, aveva già costi inferiori. Il tutto, dunque, ha contribuito a far perdere valore al prodotto Serie A. Tim sta pensando a una exit strategy, Dazn sta cercando di correre ai ripari con la revisione della concurrency. E qui arriviamo ad Amazon e a Sky.
La prima, però, non ha interesse a proporre tutta la serie A, ma soltanto alcuni suoi eventi. Sky, invece, ha scoperto che – nonostante la diminuzione degli abbonamenti causata dalla mancanza della trasmissione in esclusiva dei match di campionato, è riuscita ad aumentare i margini abbattendo i costi di produzione. Un nuovo modello di business che ha dimostrato di poter fare a meno anche del campionato italiano. In Italia. Il rischio è una strada senza uscita. Dove, al di là di Dazn e Tim che potranno comunque rientrare nell’investimento, chi potrebbe rimetterci di più è proprio il valore del calcio italiano.