I casi “simili” alla certificazione digitale globale: la carta gialla e il passaporto sanitario

Quelli che gridano allo scandalo, dovrebbero sapere che due "certificazioni" analoghe esistono da anni. A livello internazionale. Ma, all'epoca, non c'erano i social...

12/06/2023 di Redazione Giornalettismo

Il grande “scandalo” della certificazione digitale globale ha provocato tantissime reazioni da parte di chi, già all’epoca del Green Pass, si era scagliato contro questo sistema di controllo di avvenuta vaccinazione contro il Covid (o guarigione o tampone positivo/negativo). Teorie del complotto e tesi cospiratorie che, dunque, non sono affatto nuove. Ma che ora si sono diffuse a livello mondiale dopo l’accordo tra Unione Europea e Organizzazione Mondiale della Sanità per utilizzare quel “modello” in vista del progetto della digitalizzazione universale della sanità. Eppure, la storia insegna che tutto ciò – non in chiave digitale – era già avvenuto in passato.

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C’è il caso, per esempio, del passaporto sanitario nato in Olanda nel 1933. L’Organizzazione Mondiale della Sanità non era ancora nata (lo farà dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1948), ma ad Amsterdam nacque l’idea di realizzare il cosiddetto “Hague Passport”. Non si trattava di un documento sanitario pubblico, ma di un’iniziativa privata dell’International Sanitary Convention. Dunque, non venne applicata a livello internazionale, ma solo alcuni Paesi ne riconoscevano il contenuto: dettagli sulle vaccinazioni ricevute, malattie contratte in passato e informazioni sulla salute generale. E nel 1951, l’OMS decise di adottare quel modello.

Certificazione digitale globale, i precedenti simili

E quel principio venne ripreso dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità qualche anno dopo, nel 1969 quando fu istituito il Certificato internazionale di vaccinazione o profilassi, meglio conosciuto come “carta gialla” o (Yellow Card). Si trattava – e si tratta tuttora – di un documento creato per fornire un sistema standardizzato di registrazione delle vaccinazioni contro la febbre gialla. Dunque, la sua introduzione aveva un obiettivo: un mezzo per verificare che i viaggiatori fossero stati vaccinati contro la febbre gialla. Un sistema internazionale (perché in molti Paesi non si può accedere senza vaccinazione contro la febbre gialla) che con il passare del tempo ha incluso anche altre tipologie di profilassi, come l’immunizzazione contro poliomelite e meningite.

Perché abbiamo citato questi due casi? Perché al netto dei clamori complottistici e giornalistici, quello della certificazione digitale globale non è altro che un modello – un protocollo – che servirà (come dice il nome) per procedere lungo la strada della digitalizzazione della sanità, a livello globale. Niente altro che l’unione di modelli già esistenti, rafforzati al fine di limitare la burocrazia nei controlli.

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