Come il NY Times ha raccontato la sua causa contro Open AI e Microsoft
Ha creato una notizia e le ha dato il giusto risalto. Poi, siccome è il Ny Times, quest'ultima è stata ripresa a livello internazionale, diventando il caso del giorno
28/12/2023 di Gianmichele Laino
Quando sei il principale quotidiano americano nonché uno dei più affidabili al mondo, è chiaro che una notizia del genere possa diventare, in breve tempo, l’apertura dei più importanti quotidiani internazionali. Per questo, è importante come il NY Times ha raccontato la notizia della sua causa contro OpenAI e Microsoft per presunta violazione del copyright. È fondamentale capire il tone of voice scelto, le informazioni di prima mano che sono state fornite e anche lo spazio che è stato attribuito alla controparte nel dare la notizia. La causa NY Times vs OpenAI, insomma, diventa anche un caso scuola su quello che accade quando la testata che racconta un fatto sia anche protagonista del fatto stesso.
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Causa NY Times vs OpenAI: come il quotidiano ha scelto di dare la notizia
L’articolo è rimasto in alto – nella home page del NY Times per tutta la giornata di ieri e per parte della giornata di oggi – e la testata ha proposto la notizia anche nel gruppo estremamente ristretto di news condivise nella newsletter per gli utenti europei. Il NY Times rivendica di essere stata la «prima grande organizzazione mediatica statunitense a citare in giudizio le società per questioni di copyright associate alle sue opere scritte».
La causa del NY Times basa gran parte delle sue argomentazioni sulla tipologia di lavoro che la testata produce praticamente ogni giorno. Si afferma, ad esempio, che il NY Times produce più di 250 articoli originali al giorno, che a volte richiedono giorni se non mesi di lavoro, che si basano sulla consultazioni di fonti e sul parere di esperti. Inoltre, si afferma che i giornalisti stessi – in conseguenza della loro lunga carriera – hanno maturato delle esperienze nei campi e nei settori di cui si occupano. Un lavoro che, complessivamente, richiede le prestazioni di 5800 impiegati, quasi la metà dei quali è direttamente coinvolto nel flusso delle news.
«Sebbene il Times, come tutti gli editori online in modo virale, consenta ai motori di ricerca di accedere ai suoi contenuti allo scopo limitato di presentarli nei risultati di ricerca tradizionali – si spiega -, il Times non ha mai dato il permesso a nessuna entità, inclusi gli imputati, di utilizzare i suoi contenuti per intelligenza artificiale generativa». In seguito a questa e ad altre affermazioni, il NY Times offre l’opinione dell’ex presidente di Pro Publica, che difende il diritto della testata di effettuare questa azione legale. Inoltre, sempre nel testo dell’articolo, il Times evidenzia la sua preoccupazione rispetto alla possibilità che l’intelligenza artificiale generativa possa in qualche modo scalfire il suo modello di business e che gli utenti si possano accontentare delle risposte di ChatGPT (spesso basate sui contenuti del Times) piuttosto che di leggere un approfondimento originale sulla testata stessa.
Scrupolo e ricchezza del contenuto, anche nell’articolo di presentazione
Il Times ritiene che il suo dominio sia tra i top 15 analizzati dal modello di OpenAI per costruire il suo dataset. Complessivamente, 16 milioni di record unici arrivano dalle sezioni specializzate del Times (come ad esempio quella verticale sulla cucina oppure da The Athletic, la testata sportiva che è stata incorporata dalla grande testata americana) e 66 milioni di record unici provengono direttamente dalla sezione delle news. Ma la società editrice della testata sospetta che l’ultimo modello su cui si basa ChatGPT (il 4.0) possa aver esaminato miliardi di records del Times.
«Ad esempio – si legge nella denuncia -, nel 2019, il Times ha pubblicato un approfondimento in cinque puntate, che è stato insignito del premio Pulitzer, sui prestiti predatori nel settore dei taxi di New York City. L’indagine, durata 18 mesi, comprendeva 600 interviste, più di 100 richieste di documenti, analisi di dati su larga scala e l’esame di migliaia di pagine di registri bancari interni e altri documenti. Alla fine ha portato a indagini penali e alla promulgazione di nuove leggi per prevenire futuri abusi. OpenAl non ha avuto alcun ruolo nella creazione di questo contenuto, tuttavia, con un suggerimento minimo, riporterà – nel suo chatbot – grandi porzioni di testo». Si tratta solo di uno degli esempi spiegato dal NY Times all’interno della denuncia.
Nell’articolo con cui ha presentato la notizia, inoltre, il NY Times ha riservato spazio a un commento di OpenAI che si è detta rammaricata per l’azione legale. Tuttavia, non è stato riportato alcun commento di Microsoft, che ha deciso di non posizionarsi sulla notizia. In coda all’articolo, la testata non ha mancato di riportare che alcune organizzazioni di media, come Associated Press e Axel Springer, hanno stretto degli accordi con OpenAI per l’addestramento del suo sistema di intelligenza artificiale generativa.