Cos’è il Fair Use e come OpenAI lo starebbe violando

La dottrina giuridica che individua le eccezioni nell'utilizzo di opere coperte da diritto d'autore è al centro della disputa tra il NYT e l'azienda che ha sviluppato (anche) ChatGPT

28/12/2023 di Enzo Boldi

Lo sapete che non tutto ciò che viene protetto dal Copyright non può essere utilizzato? Ci sono, infatti, delle eccezioni che consentono l’uso di opere (che siano scritti, video o immagini) protette dalla legge sul diritto d’autore, senza autorizzazione da parte di chi detiene questo diritto. Anche in chiave digitale. Parliamo del cosiddetto “Fair use” (utilizzo corretto, per sintetizzare), una dottrina giuridica presente all’interno del tessuto legislativo americano (ma anche in quello italiano, anche se non con un testo ad hoc). E proprio questo principio, nonostante i tentativi di giustificazione nel corso di vicende precedenti alla citazione in giudizio da parte del New York Times, e questa serie di eccezioni non sarebbero state riscontrate nel comportamento di OpenAI nel suo addestramento di ChatGPT. E non solo dall’azienda di Sam Altman.

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L’accusa da parte del quotidiano newyorkese è molto pesante: OpenAI avrebbe utilizzato milioni di contenuti pubblicati sul NYT per addestrare la propria intelligenza artificiale alla base del chatbot ChatGPT (e le sue derivazioni). Dunque, allenamento per formare un linguaggio e per generare delle risposte, prendendo spunto dal materiale presente in rete e coperto dal copyright. OpenAI già qualche mese fa aveva spiegato che l’utilizzo di opere protette dal diritto d’autore rientrasse nelle eccezioni previste dal cosiddetto Fair Use. Ma è realmente così?

Fair use, la dottrina che OpenAI avrebbe violato

Partiamo da quel che viene indicato dalla legge americana come eccezioni legalmente plausibili al copyright, quelle inserite all’interno della sezione 107 del Copyright Act:

«Il corretto utilizzo di un’opera protetta da copyright, compreso tale utilizzo mediante riproduzione in copie o registrazioni audio o con qualsiasi altro mezzo specificato da tale sezione, per scopi quali critica, commento, notizia, insegnamento (compreso più copie per uso in classe), borse di studio o ricerche non costituiscono una violazione del diritto d’autore». 

Questo il principio alla base di questa dottrina giuridica che, poi, viene seguita da quattro indicazioni tecniche che aiutano a individuare una possibile applicazione del Fair use:

  • lo scopo e il carattere dell’uso, incluso se tale uso sia di natura commerciale o sia per scopi educativi senza scopo di lucro;

  • la natura dell’opera protetta da copyright;

  • la quantità e la consistenza della porzione utilizzata in relazione all’opera protetta da copyright nel suo insieme;

  • l’effetto dell’uso sul mercato potenziale o sul valore dell’opera protetta da copyright.

Princìpi che forniscono un possibile allargamento delle maglie della tutela del diritto d’autore. Ma OpenAI sta rispettando questi paletti?

Il comportamento di OpenAI

L’interpretazione giuridica del primo dei quattro punti, ha dato vita alla possibilità di intendere non illecita l’attività di scraping da parte di OpenAI. Come riporta il Fair Use Index, infatti:

«Gli usi “trasformativi” hanno maggiori probabilità di essere considerati equi. Gli usi trasformativi sono quelli che aggiungono qualcosa di nuovo, con uno scopo ulteriore o un carattere diverso, e non sostituiscono l’uso originario dell’opera». 

Ed è questo il punto su cui, da tempo, si basa la difesa dell’azienda di Sam Altman: la trasformazione. OpenAI sostiene che questo materiale sia stato e venga utilizzato solamente come fonte per generare un qualcosa di nuovo. Stando, invece, alle accuse (anche) del New York Times, attingere a piene mani da contenuti protetti da copyright starebbe portando via anche parte dei lettori della testata. Di fatto, come confermato nella citazione in giudizio, il chatbot starebbe sostituendo l’uso originario dell’opera.

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