Su cosa si basa il presupposto della causa che il NY Times ha fatto a OpenAI
Il principale quotidiano americano ha deciso di compiere il grande passo. L'accusa principale è quella di violazione del copyright dei suoi articoli
28/12/2023 di Enzo Boldi
Quel che sta accadendo da alcune ore negli Stati Uniti dovrebbe risuonare come un enorme campanello d’allarme, dopo mesi passati a parlare di possibili soluzioni per definire come e quanto l’intelligenza artificiale dovesse essere incanalata all’interno di normative ben precise. Ed ecco che la causa del NYT contro OpenAI (e Microsoft) poteva essere evitata, se solo ci fosse stata una rapida azione legislativa (e senza interessi di lobby) in grado di porre dei limiti etici allo sviluppo e all’addestramento di questi nuovi sistemi del presente e del futuro.
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La causa era nell’aria, dato. che già in passato il New York Times aveva cercato di sedersi al tavolo con OpenAI (e, di sponda, con Microsoft) per dare vita a una trattativa anche di stampo commerciale. Esattamente come fatto da altre realtà editoriali che avevano stipulato un accordo economico per consentire ai chatbot conversazionali (anche ChatGPT) di addestrarsi utilizzando quegli articoli di giornale – e non solo – protetti da copyright. Il quotidiano newyorkese, però, ha fatto sapere che quei tentativi non hanno prodotto nulla. Fino alla causa.
NYT contro OpenAI, la causa per violazione del copyright
Nella giornata di ieri, mercoledì 27 dicembre, il NYT ha deciso di rompere gli indugi di una situazione in fase di stallo. E lo ha fatto citando in giudizio OpenAI e Microsoft (il più grande investitore dell’azienda di Sam Altman, con tanto di integrazione di ChatGPT all’interno del suo motore di ricerca Bing). Nelle oltre 60 pagine depositate presso la Corte distrettuale federale di Manhattan, sono presenti tutti i dettagli delle accuse mosse dal quotidiano all’azienda che si occupa di sviluppo di prodotti basati sull’intelligenza artificiale generativa. In particolare, si sostiene che l’addestramento dell’AI, avvenuto (anche) utilizzando i contenuti pubblicati sul New York Times, avrebbe arrecato diversi danni economici (in termini di visualizzazioni) e potenziali danni relativi alla credibilità (fondamentale per un organo di informazione).
Le accuse
Nella giornata di oggi, Giornalettismo analizzerà tutti i dettagli di questa causa del NYT contro OpenAI, partendo proprio dai rischi che un utilizzo incondizionato dell’AI (senza etica e confini ben definiti) potrebbero rappresentare una pietra tombale sul futuro del giornalismo e dell’informazione in generale. Perché, dati alla mano, il New York Times ha denunciato anche un calo nelle visualizzazioni di alcune rubriche presenti sul proprio sito online. E, nel dettaglio, si sostiene che strumenti AI come ChatGPT stiano generando profitti aziendali utilizzando opere protette dal diritto d’autore:
«Gli imputati cercano di sfruttare gratuitamente i massicci investimenti del Times nel suo giornalismo, utilizzando i contenuti del Times gratuitamente per creare prodotti che sostituiscano il Times e gli sottraggano il pubblico».
In realtà, non si tratta di nulla di nuovo. Da mesi, senza per forza demonizzare lo sviluppo tecnologico, molte testate – compresa Giornalettismo – sostengono l’esigenza della creazione di regole ben definite (e annesse verifiche) su eventuali violazioni – anche del copyright – da parte di questi sistemi di intelligenza artificiale.
Le recensioni e la credibilità
Nelle pagine della citazione in giudizio, inoltre, il NYT riporta il caso Wirecutter, il portale di recensioni dei prodotti del Times. Utilizzando la modalità “sfoglia” su Bing (basata su ChatGPT), sono state individuate risposte basate proprio sui contenuti pubblicati sul sito collegato al quotidiano di New York, senza mai citare la fonte. Anzi, in alcuni casi la fonte viene citata, ma il contenuto delle risposte era intriso di alcuni bias dell’intelligenza artificiale: intermezzi non veri e frutto di un “ragionamento personale” (perdonerete il paradosso) del chatbot conversazionale. E questo rischi di inficiare il lavoro di un giornale in due modi: perdita di visualizzazioni e perdita di credibilità. Per questo la causa del NYT contro OpenAI è molto importante. Non è stata definita una possibile quantificazione dei danni, ma per questo c’è ancora tempo.