Carlo Freccero spiega come il Tg1 racconta, quotidianamente, il conflitto: «Ma la gente non vuole la guerra»

L'analisi completa del massmediologo: era stata proposta nel corso dell'evento Pace Proibita al Teatro Ghione

04/05/2022 di Gianmichele Laino

In collegamento con il Teatro Ghione durante l’evento Pace proibita organizzato e presentato da Michele Santoro, Carlo Freccero aveva provato ad analizzare, con sguardo critico, il modo con cui i telegiornali del servizio pubblico vengono costruiti in questi giorni di guerra in Ucraina. Un problema di connessione aveva costretto Freccero a sintetizzare molto il suo intervento, che adesso siamo in grado di restituirvi integralmente.

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Carlo Freccero spiega come viene costruito un tg Rai ai tempi della guerra in Ucraina

«La prima vittima è il contraddittorio. Non può andare in onda l’inviato che dissenta, come Marc Innaro, inviato Rai da Mosca. Quando la realtà degli eventi contraddice lo schieramento ufficiale dei buoni o dei cattivi, anche la realtà e gli eventi devono essere “aggiustati” o celati». Da questa premessa, Freccero parte per analizzare la struttura del Tg1 in questo periodo di guerra in Ucraina.

La prima cosa che viene notata è lo stravolgimento della scaletta: la notizia diventa – secondo il critico – pressoché unicamente quella della guerra e tutte le altre notizie sono un suo corollario. «Il Tg1 di Monica Maggioni supera la gerarchia delle notizie e i titoli di testa, per immettere lo spettatore nella guerra con la copertina, l’evento capace di emozionare il pubblico: un tg immersivo». Secondo Freccero, questo primo esperimento – durato circa tre settimane – stava provocando, a lungo andare, un calo degli ascolti che, quindi, ha portato a rivedere la struttura del telegiornale.

Carlo Freccero ha analizzato anche le altre versioni del Tg1, scomponendone la struttura ed evidenziandone la ripetitività, l’assenza di contesto storico e la funzionalità al racconto che ha sempre, come fulcro principale, la guerra. «L’informazione diventa comunicazione. Non si indaga la realtà, si crea attenzione e si fa notizia anche a costo di contraddirsi. Mozione degli affetti, demonizzazione del nemico, tv del dolore dovrebbero convincerci ad accettare la guerra. Tutto questo, però, non sembra funzioni: gli italiani sono ostili alla guerra, la gente non vuole la guerra».

Foto IPP/Gioia Botteghi – Roma

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