L’articolo sulla morte di «Carla Frozi, ballerina espressa» ci mostra tutti i problemi dei siti semi-automatici

Non è il caso di fare nomi e cognomi per limitarne al massimo la visibilità. Ma è una riflessione da fare per capire il mondo del giornalismo di oggi

30/05/2021 di Redazione

«Muore a 84 anni Carla Frozi, ballerina espressa italiana». Sembra una parodia, uno scherzo di pessimo gusto, un caso di satira uscita male sulla notizia della morte di Carla Fracci. Invece, si tratta di un reale titolo pubblicato su un sito web – che non nomineremo per limitarne al massimo la visibilità – e che rappresenta il classico modello di sito semi-automatico che produce contenuti soltanto per fare clickbait e guadagnare attraverso la pubblicità basata sulle interazioni con il sito stesso. Un sito che, in questo caso, mostra con orgoglio il banner legati ad Amazon e che – nel suo footer – dichiara addirittura di essere affiliato al programma Amazon Services LLC per lo sfruttamento degli introiti pubblicitari.

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L’articolo del sito semi-automatico che parla della morte di “Carla Frozi”

Carla Frozi

Come si può vedere già da queste poche righe d’anteprima, si tratta di un articolo scritto malissimo – con ogni probabilità una traduzione di quello realizzato sul NY Times in concomitanza con la morte della grande étoile internazionale – e che, guardando gli altri contenuti del sito, non è l’unico di questo tenore. Pressoché la totalità degli articoli contiene errori marchiani, a partire dai titoli.

Come evidenziato da Paolo Attivissimo – in seguito a una segnalazione a lui rivolta su Twitter -, si tratta di un sito «generato alla carlona in semiautomatico per attirare attenzioni col clickbait e produrre guadagni con le visualizzazioni». Il suo consiglio – perfettamente condivisibile – è quello di evitare di dargli visibilità, perché proprio di visibilità questi “progetti” vanno in cerca.

Tuttavia, non si può non analizzare un fenomeno che contribuisce a inquinare ancor di più l’ecosistema dell’informazione, soprattutto in virtù di contratti pubblicitari e di affiliazioni che sfruttano nomi rilevanti dell’industria del web per garantire quel minimo di sostentamento a questi prodotti che, molto spesso, sottraggono spazio all’informazione vera, a quella ragionata, fatta da persone in carne e ossa che impiegano il loro tempo per approfondire e per offrire una visione completa di un problema al proprio lettore. Un sito come quello di cui vi abbiamo parlato – e che fa visualizzazioni (nel counter interno al sito si parla di 500 views) con articoli che parlano di “Carla Frozi” – rischia: a) di dare un’idea sbagliata sul mondo dell’informazione a chi non ha pienamente coscienza di quali siano le fonti web affidabili o meno e che, anzi, intendono il web come un unico grande luogo dove “si pubblicano notizie”; b) di far venir meno la fiducia nell’informazione online che, al contrario di quanto si possa pensare, non è tutta identica a se stessa.

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