Dal blog ai social network, passando per i media tradizionali. La potenza di un brand è frutto di tempo e tempismo

Cosa vuol dire brand identity? E brand awareness? Qual è la differenza fra content strategy e social strategy? Chi lavora con internet - che sia tramite un sito web che attraverso il presidio di un social network - deve conoscere la risposta a queste domande. Deve saperle indossare, quelle risposte. E, se quelle risposte fossero un abito, Biccy lo indosserebbe benissimo

18/03/2023 di Giorgia Giangrande

Sempre più brand e aziende si affidano alla potenza dei social network per promuovere la propria immagine o una campagna nello specifico. Potremmo dire: la versione 2.0 delle pubblicità televisive che, comunque, rappresentano ancora la prima scelta per molte realtà. In qualsiasi caso, qualunque strategia venga messa in atto con fine promozionale, questa ha tra gli obiettivi – primari o secondari – un rafforzamento della cosiddetta brand identity. In questo articolo vedremo insieme vari esempi, tra cui quello di Biccy, progetto editoriale che, da quando è nato dieci anni fa, ha creato, sviluppato e fortificato il suo nome e la sua riconoscibilità.

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Dal marchio della mela a quello del cavallo: quando un brand è potente?

Quanto è importante che un marchio o un’azienda abbia un’identità immediatamente riconoscibile seppur ne venga omessa la trascrizione del nome? Per esempio, seppur non esplicitassimo il nome, sapreste riconoscere a quale brand ci riferiamo con la perifrasi il marchio della mela o quello del cavallo. Per questo elevato livello di connessione brand-nome, la Apple e la Ferrari hanno investito tempo e hanno avuto il tempismo di usare un simbolo che nessun altro aveva utilizzato prima di loro, seppur per nominare qualcosa che già esisteva: i telefoni cellulari nel primo caso, le automobili nel secondo.

Quando però il brand non è quello di un prodotto, il livello di difficoltà aumenta leggermente. Per memorizzare il brand di un giornale o di un blog tra mille altri, questo deve avere un logo che faccia la differenza: per il suo colore, per la sua forma, per la sua storia. Per questo vi abbiamo citato il progetto editoriale Biccy, perché il suo tone of  voice irriverente, la dedizione dei suoi fondatori e la potenza del suo fucsia fanno la differenza.

Tanto che, quando uno di questi elementi viene meno, capita che un’azienda attui un rebranding, ovvero la creazione di un nuovo brand, a partire dal precedente o nuovo del tutto. Sono tutti indizi che conducono a una sola conclusione: quello della vista è il primo senso a essere coinvolto nel processo di fidelizzazione a un nome o a un prodotto.

La brand identity: cosa cambia tra un brand di un prodotto e quello di un editore?

Nel precedente paragrafo, abbiamo già citato come la fedeltà a un prodotto passi anche attraverso la potenza visiva del suo logo e Apple ne è un esempio. Per gli editori, invece, la faccenda si complica perché ciò a cui i clienti – lettori, in questo caso – devono affezionarsi non è tanto la forma dei propri prodotti, quanto alla qualità dei propri contenuti. Dunque, è importante scavare più in profondità: come si può essere riconoscibile attraverso un testo di un articolo o di un post su un social network? Il marchio distintivo di un editore non può essere il solo logo o il solo layout del sito web. C’è dell’altro: il tono di voce, lo stile,  l’impostazione del pezzo, gli elementi testuali ricorsivi qualsiasi sia la notizia.

In tal senso, l’esempio di Anthony e Fabiano – editori indipendenti del progetto Biccy – è assolutamente calzante. Infatti, la loro tendenza sul blog è quella non solo di riportare e dare le notizie fornendo più informazioni possibili, ma anche quella di chiudere gli articoli con dei commenti personali. Perché? «Per i lettori che ci seguono da anni e che hanno piacere nel sapere quello che pensiamo», rispondono a questa domanda. Avere una buona brand identity vuol dire, prima di tutto, avere un identità: chi siamo, cosa comunichiamo, a chi ci rivolgiamo?

Content identity e visual identity: l’esempio di Biccy

L’inserimento di un punto di vista personale è un primo elemento identificativo per un giornale, un blog o, più in generale, un progetto editoriale. Al di là del medium. Continuando con l’esempio di Biccy, questo è un progetto interamente digitale che, da quando è nato, è presente in una moltitudine di canali: oltre al sito web, infatti, Biccy è su Twitter, su Facebook e su Instagram e, in ciascuno di questi diversi media, attua una comunicazione specifica. Perché se l’identità dei propri contenuti dev’essere pressoché la stessa qualsiasi sia la destinazione, questa poi va adeguata alle specificità di ogni singola piattaforma.  Alla domanda su quali siano le differenze, Anthony e Fabiano rispondono che «sul blog si tende a riportare e dare le notizie fornendo più informazioni possibili; su Facebook e Instagram si preferisce la condivisione di meme divertenti o brevi post in cui commentiamo in maniera ironica fatti e news della giornata». E Twitter ? «Twitter è un capitolo a parte, ci possiamo concedere qualcosa in più, ma con grosse limitazioni su altri fronti. Sul social di Elon Musk diamo sfogo alla nostra parte più irriverente».

 

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A questo punto, se la content identity è già ben delineata, il visual è un accompagnatore. Anzi, un degno accompagnatore. Come già detto precedentemente in questo articolo, infatti, il primo senso a essere coinvolto in questi casi è quello della vista. Dunque, se un editore (o admin, nel caso di una pagina IG) utilizza sempre gli stessi colori, lo stesso font per i post, le stesse emoji o un testo per le stories sempre uguale, allora chi fruisce di quei contenuti saprebbe riconoscere benissimo l’autore di quel post o quella story anche se venisse coperto il nome utente. Nel caso di Biccy, il fucsia come colore principale e ricorsivo (dal logo alle mascherine per i post su Instagram) è di sicuro l’aspetto visual più caratteristico.

E questo non è nulla di diverso da quello che vi avevamo detto del marchio della mela o del cavallo: se da una parte la qualità di un prodotto, un articolo, un post dev’essere l’aspetto più importante, è pur vero che anche l’occhio vuole la sua parte.

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